Anche orsi tra le fiere usate nelle venationes

  • Postato il 15 settembre 2025
  • Di Focus.it
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I Romani si facevano portare gli animali feroci nell'Urbe da ogni parte dell'impero, per farli combattere nelle venationes. Queste cacce-spettacolo, iniziarono all'incirca durante il I secolo d.C. Combattevano, fra loro o contro i venatores, tantissime specie di animali come cammelli, leoni, pantere, tigri, elefanti, rinoceronti, coccodrilli e giraffe. Ora, un nuovo studio pubblicato su Antiquity fornisce la prova dell'impiego di orsi bruni in questi spettacoli.. Le venationes.  Tradotto letteralmente, le "cacce", erano combattimenti molto amati dai Romani. Il numero di animali impiegato era spesso altissimo: durante l'impero di Traiano (98-117), al Colosseo ne furono utilizzati 11 mila nell'arco di 120 giorni. I gladiatori erano dotati di una lunga arma inastata (bestiarius) con cui provocavano gli animali, i venatores indossavano corte tuniche, in genere decorate con ricami e vistose applicazioni, e una manica imbottita per proteggere il braccio del gladiatore dall'animale, che, anche se ferito, poteva colpire con le zampe. A volte, ma non sempre, il venator era protetto anche da uno scudo. Una cosa importante da sapere è che i venator non avevano nulla in comune con i condannati a morte, damnati ad bestias, gettati nell'arena con bestie feroci, privi di armi e protezioni. . Il ritrovamento. Nel 2016, durante gli scavi archeologici vicino all'anfiteatro romano di Viminacium, in Serbia, è emerso il frammento del cranio di un orso maschio di circa sei anni, vissuto 1.700 anni fa. L'anfiteatro, costruito all'inizio del II secolo d.C. accanto a un accampamento legionario e in seguito inglobato nelle mura urbane, è l'unico esempio di questa struttura in Serbia. L'analisi del reperto ha rivelato una profonda frattura sulla fronte, dovuta a un colpo violento, forse inferto da una lancia. Nonostante la ferita fosse in via di guarigione, l'infezione che ne conseguì (osteomielite) compromise le condizioni dell'animale. Anche le mascelle mostravano segni patologici, mentre i denti canini risultavano consumati da un'usura innaturale: possibile indizio di lunga permanenza in cattività, probabilmente l'orso mordeva le sbarre di una gabbia.. Spettacoli crudeli. Gli studiosi sospettano che la ferita sia stata inferta durante uno spettacolo e che l'animale, sopravvissuto all'impatto iniziale, sia morto solo in un secondo momento. Questo significa che l'orso potrebbe aver preso parte a più venationes, combattendo contro altri animali o contro gladiatori armati. Le ricerche condotte a Viminacium hanno portato alla luce non solo l'anfiteatro e le strutture ad esso collegate, come il vivarium dove venivano custodite le bestie, ma anche una ricca collezione di resti animali. Su oltre 30.000 reperti identificati, la maggioranza appartiene a specie domestiche (bovini, suini, caprini). Ma anche, la presenza di carnivori selvatici è significativa: cervi, lupi, leopardi e orsi bruni. Questi ultimi rappresentano oltre l'11% dei resti di fauna selvatica, una percentuale insolitamente alta rispetto ad altri siti romani.. Il ruolo degli orsi. Che i plantigradi facessero parte della tradizione degli spettacoli romani è noto dalle fonti letterarie e iconografiche: mosaici, rilievi e testi antichi raccontano di cacciatori e belve provenienti dalle foreste europee o dalle province più remote. Ma la conferma che arriva da Viminacium offre la prima prova tangibile dell'impiego degli orsi bruni nei giochi. Non solo, i segni di traumi sulle ossa testimoniano le dure condizioni della cattività, confermando come questi animali non fossero destinati a un singolo scontro, bensì a una carriera fatta di apparizioni ripetute nell'arena. L'anfiteatro, dunque, non era solo luogo di intrattenimento, ma anche di sofferenza sistematica per animali addestrati o catturati nelle foreste balcaniche..
Autore
Focus.it

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