Alzheimer, scoperto il legame con un virus intestinale comune
- Postato il 25 dicembre 2024
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- Di Blitz
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Un recente studio condotto da ricercatori statunitensi ha identificato un’associazione tra il morbo di Alzheimer e un’infezione intestinale causata dal citomegalovirus (CMV), un patogeno appartenente alla famiglia degli Herpesvirus. Questo risultato potrebbe rappresentare una svolta nella ricerca sulla prevenzione e il trattamento della principale causa di demenza al mondo. Secondo gli studiosi, il CMV potrebbe risalire lungo il nervo vago fino al cervello, scatenando processi neurodegenerativi che portano al declino cognitivo. La scoperta getta nuova luce sulle origini della malattia e apre la strada a potenziali terapie antivirali per prevenire questa forma di demenza.
Il Citomegalovirus, patogeno diffuso ma sottovalutato
Il citomegalovirus è uno dei virus più diffusi al mondo, con una prevalenza stimata che supera l’80% della popolazione globale. In genere, il CMV rimane latente nel corpo senza causare sintomi rilevanti, grazie al controllo del sistema immunitario. Tuttavia, in condizioni di immunodepressione – come nel caso di malattie croniche, trapianti o trattamenti oncologici – il virus può riattivarsi e causare gravi complicanze in diversi organi.
La nuova ricerca si concentra su un’infezione meno comune, quella intestinale, legata al CMV. I ricercatori hanno rilevato che fino al 45% dei pazienti con Alzheimer potrebbe aver sviluppato la malattia a seguito di questa infezione. L’ipotesi avanzata suggerisce che il virus possa sfruttare il nervo vago, una delle principali vie di comunicazione tra intestino e cervello, per raggiungere il sistema nervoso centrale e scatenare i meccanismi patologici alla base della neurodegenerazione.
L’intestino come fattore chiave nella salute cerebrale
Negli ultimi anni, la connessione tra la salute intestinale e le malattie neurodegenerative ha ricevuto sempre maggiore attenzione nella comunità scientifica. Alterazioni del microbiota intestinale, l’insieme dei microrganismi che abitano l’intestino, sono state associate a numerose patologie, tra cui il morbo di Parkinson e diverse forme di demenza.
Questo studio rafforza l’idea che l’intestino giochi un ruolo cruciale nello sviluppo dell’Alzheimer. I ricercatori hanno trovato prove della presenza di CMV nell’intestino, nel liquido cerebrospinale e lungo il nervo vago di pazienti affetti da Alzheimer. Inoltre, hanno rilevato una correlazione tra l’infezione virale e un’attivazione anomala della microglia, le cellule del sistema immunitario cerebrale, che potrebbe accelerare i processi neurodegenerativi.
La ricerca
La ricerca è stata condotta da un gruppo multidisciplinare di scienziati guidati dal professor Benjamin P. Readhead dell’ASU-Banner Neurodegenerative Disease Research Center presso l’Università Statale dell’Arizona. Collaborando con istituzioni di prestigio come l’Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e l’Università del Massachusetts, il team ha analizzato campioni di tessuto cerebrale, liquido spinale e intestinale di pazienti deceduti affetti da Alzheimer.
I risultati hanno evidenziato un legame diretto tra l’infezione da CMV e l’accumulo di proteine patologiche nel cervello, come la beta-amiloide e la tau fosforilata, due marcatori chiave della malattia. Nei test di laboratorio, l’infezione ha dimostrato di stimolare direttamente la produzione di queste proteine, suggerendo un ruolo attivo del virus nella progressione dell’Alzheimer.
Il ruolo della microglia e delle risposte immunitarie
Un altro elemento centrale dello studio riguarda la microglia, le cellule immunitarie del cervello. I ricercatori hanno scoperto che nei pazienti con Alzheimer associato a CMV, la microglia presentava un’attivazione anomala, evidenziata dall’espressione del gene CD83. Questa condizione potrebbe essere innescata dalla presenza del virus e dalle risposte immunitarie che produce.
Gli anticorpi IgG4 rilevati nell’intestino e nel cervello di questi pazienti rappresentano un altro indizio chiave. La loro presenza è stata collegata direttamente all’infezione da CMV, suggerendo che la risposta immunitaria al virus potrebbe contribuire a creare un ambiente infiammatorio favorevole alla neurodegenerazione.
La scoperta che un’infezione intestinale possa essere coinvolta in un sottotipo specifico di Alzheimer offre nuove prospettive per la prevenzione della malattia. Secondo il professor Readhead, una terapia antivirale mirata contro il CMV potrebbe ridurre significativamente il rischio di sviluppare questa forma di demenza.
Le implicazioni sono particolarmente promettenti, considerando che il sottotipo di Alzheimer associato al CMV potrebbe rappresentare fino al 45% dei casi totali. Prevenire l’infezione o limitarne gli effetti potrebbe dunque avere un impatto significativo sulla salute pubblica, riducendo il numero di nuovi casi e rallentando la progressione della malattia nei pazienti già affetti.
Il prossimo passo sarà testare l’efficacia di terapie antivirali in studi clinici su larga scala. I ricercatori stanno attualmente identificando candidati idonei per queste sperimentazioni, che potrebbero includere farmaci già in uso per altre infezioni virali o nuove molecole specificamente sviluppate per contrastare il CMV.
Parallelamente, saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi attraverso cui il virus contribuisce alla neurodegenerazione e per determinare se altri patogeni intestinali potrebbero giocare un ruolo simile nello sviluppo di malattie neurodegenerative.
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