Alta tensione Usa-Venezuela, Washington schiera navi da guerra vicino alle acque territoriali di Maduro. Caracas risponde con la sua flotta

  • Postato il 21 agosto 2025
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Tre cacciatorpediniere provenienti dagli Stati Uniti si avvicinano al confine delle acque territoriali venezuelane. La spedizione – che coinvolge i destroyer Uss Gravely, Uss Jason Dunham e Uss Sampson – rientra nell’ambito delle operazioni extraterritoriali autorizzate dalla Casa Bianca per “combattere i cartelli della droga” ritenuti “organizzazioni terroristiche” dall’amministrazione Trump, tra i quali quello di Sinaloa e Los Soles. La mobilitazione, anticipata da fonti del Dipartimento di Stato ad Associated Press e Reuters, si aggiunge al massiccio dispiegamento navale che coinvolge 4.500 marines del Southern Command. I costi: 6 milioni di dollari al giorno per Washington. “Viviamo un’escalation di tensioni senza precedenti, sfiorato semmai nel 2019-2020, quando l’ex-consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, John Bolton, parteggiava per l’intervento militare nel Paese”, spiega una fonte di Caracas a Ilfattoquotidiano.it. “Allora Washington foraggiava l’oppositore Juan Guaidó che non ha ottenuto il potere e ha lasciato un buco di 31 miliardi di dollari ricevuti dagli Usa”.

LE OPERAZIONI – La crociata Usa si estende anche nell’Oceano Pacifico, dove Washington sostiene di aver già sequestrato mezza tonnellata di droga trasportata dal cartello de Los Soles. Secondo la Casa Bianca l’organizzazione è “amministrata dal dittatore Nicolás Maduro“, come già confessato da Ovidio Guzmán López, figlio di El Chapo, che attualmente collabora con le autorità Usa. A tale riguardo il Dipartimento di Stato ha posto una taglia di 50 milioni di dollari per la cattura del presidente venezuelano, al quale – secondo la procuratrice Pam Bondi – sono stati sequestrati attivi per 700 milioni di dollari. “Non resterà in carica oltre la fine dell’anno”, ha detto il senatore repubblicano Bernie Moreno, che ha chiamato “narco-terrorista” il presidente venezuelano. La linea discorsiva è confermata dal segretario di Stato Usa Marco Rubio, per il quale “il regime di Maduro” è “un’organizzazione criminale” che “controlla un territorio nazionale” e “minaccia le compagnie petrolifere statunitensi che operano in Guyana“.

Tuttavia, secondo l’ong InSight Crime, “sostenere che Maduro guida il cartello di Los Soles è una semplificazione eccessiva”. Si tratta piuttosto di “una rete di corruzione in cui funzionari militari e politici traggono beneficio dagli accordi stabiliti con i narcotrafficanti”, senza “partecipare direttamente” all’invio di droga. L’inchiesta mette in discussione anche la strategia della Casa Bianca, in quanto “l’attacco contro singole figure istituzionali non indebolisce la rete”.

Inoltre, il World Drug Report 2025 non rileva la presenza di campi di coltivazione né di laboratori di cocaina in Venezuela. Ma al di là delle autorevoli smentite, a palazzo di Miraflores c’è chi si dice colpito per il silenzio di Mosca e Pechino, da sempre note per i suoi interventi contro le ingerenze Usa a Caracas.

IL CLIMA INTERNO – In risposta agli Usa, la presidenza venezuelana ha schierato 4.500 miliziani – numero pari a quello dei marines nei Caraibi – e ora presidia con le sue flotte le acque territoriali. L’esercito di Caracas ha inoltre attivato il sistema di missili antiaerei ed è stato posto il divieto all’acquisto e alla vendita di droni nel Paese sudamericano.

La tensione sale con il passare delle ore: la cancelleria venezuelana ha rivendicato l’espulsione della Dea da Caracas, vent’anni fa, e ha ribadito che le minacce Usa destabilizzano “non solo il Venezuela, ma l’intera regione” e dimostrano “la disperazione dell’amministrazione statunitense”. Poco prima il procuratore generale Tareck William Saab ha parlato di “guerra ibrida” e il ministro della Difesa Vladimir Padrino López ha segnalato l’intera operazione come un “falso positivo” volto a giustificare “l’invasione” del Venezuela. Alcuni oppositori, tra cui l’economista José Guerra, si smarcano dall’iniziativa, sottolineando che i cambiamenti possono nascere soltanto dall’interno.

E al momento il concetto di “guerra ibrida” risulta quello più azzeccato in quanto la mobilitazione statunitense ha già fatto breccia sulla psiche di Maduro che dà la caccia a infiltrati e traditori dentro il proprio partito. “Noi non dormiamo, ma neppure l’imperialismo lo fa”, ha detto lunedì il presidente venezuelano denunciando la presenza di “gruppi infiltrati che da anni si fingono chavisti”. “C’è gente debole e fugge dinanzi alle difficoltà – ha proseguito – Io non sono ricattabile, c’è gente che non ha il coraggio di dirmi le cose in faccia. Codardi!”. Nel frattempo la sorveglianza aumenta e il vicepresidente Diosdado Cabello sostiene di aver sventato un terzo attentato nel giro di dieci giorni: si contano decine di arresti, sempre riconducibili alla leader dell’opposizione Maria Corina Machado. Balza all’occhio infine la contraddizione, oppure la sintesi: le navi di Chevron ora navigano in mezzo alle cacciatorpediniere e ripristinano l’export di petrolio venezuelano in Usa.

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Il Fatto Quotidiano

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