Almasri, il premier libico Dbeibah sul rilascio: “Pressioni sull’Italia”. E si dice “scioccato dalle accuse dell’Aia”
- Postato il 18 maggio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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A Tripoli prosegue la resa dei conti tra le milizie affiliate al Governo di unità nazionale (Gun) e quelle non allineate, a partire dalla Forza di Deterrenza Speciale (Rada), che vede tra i suoi principali esponenti Najim Najim, meglio noto come Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica arrestato in Italia lo scorso gennaio e rimandato in Libia su un volo di Stato nonostante il mandato della Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità. Tanto che è sembrata una beffa l’annuncio del Gun di accettare la giurisdizione della Corte penale internazionale dalla quale è subito partita la richiesta a Tripoli di consegnare Almasri, che ora, nel primo discorso in tv dall’inizio degli scontri, il premier del governo di unità nazionale Abdul Hamid Dbeibah definisce “criminale”, prendendo le distanze anche dal suo rilascio in Italia che, dichiara, sarebbe avvenuto in seguito a “pressioni”, anche sull’ambasciata italiana a Tripoli. Dichiarazioni che arrivano all’indomani dell’invio delle “osservazioni” inviate all’Aia dal governo Meloni per spiegare il rilascio di Almasri, deciso perché, si legge, “è stata data priorità alla richiesta di estradizione libica”.
Nel suo discorso in tv, Dbeibah denuncia il “complotto golpista” dei partiti che hanno approfittato delle tensioni degli ultimi giorni per perseguire i propri interessi. Deciso a restare al potere, il primo ministro respinge le richieste di dimissioni arrivate dalla piazza ed esorta i gruppi armati ad “allinearsi alle istituzioni dello Stato”. Alcune milizie, spiega, “sono cresciute eccessivamente, al punto di controllare l’intero panorama politico, finanziario, economico e anche sociale”. E avverte: “Daremo il benvenuto a tutti quello che sceglieranno di stare dalla parte dello Stato – dice – E metteremo da parte coloro che ricorrono al ricatto e alla corruzione. Il nostro obiettivo è una Libia libera dalle milizie e dalla corruzione”. Avvertimento che il riconoscimento della Corte dell’Aia ha reso concreto perché porterebbe all’arresto non solo di Almasri, raggiunto da un avviso di garanzia della procura di Tripoli che ha aperto un’indagine, ma anche di numerosi altri esponenti delle milizie. Dbeibah parla esplicitamente di brutali omicidi, esecuzioni sommarie, cimiteri nascosti. Quanto ad Almasri, “non lo conosco e non l’ho mai incontrato in vita mia”. “A capo delle prigioni, ha formato una forza armata e ha comprato armi. Ma non credo che la sicurezza delle carceri abbia bisogno di missili e carri armati”. Al contrario, prosegue, “siamo rimasti scioccati da un rapporto terrificante della Corte Penale Internazionale. Un rapporto che persino il diavolo si spaventerebbe a leggere”.
“Pubblicherò il rapporto delle Nazioni Unite, della Corte Penale Internazionale”, promette Dbeibah, che su Almasri cita l’accusa di stupro ai danni di una 14enne. “Possiamo consegnare dei prigionieri nelle mani di un criminale? E poi, chi lo protegge? Altre milizie. E ci sono anche quelli che lo difendono, che firmano documenti in suo favore”, dice, spiegando poi di averlo rimosso dall’incarico e arrivando infine a parlare della vicenda italiana, negando il suo coinvolgimento nel rilascio di gennaio. “Qualcuno dice “è stato liberato dal governo”. L’ho rilasciato io? Non lo conosco né altro”, dice, attribuendo il rientro sul volo di Stato italiano a “pressioni, su di me e sull’ambasciata qui (italiana, ndr). E per questo è tornato”. Parole che complicano ulteriormente la vicenda, dopo che le opposizioni italiane hanno accusato il governo Meloni di aver “mentito al Parlamento“, nascondendo la richiesta di estradizione della Libia che, nella memoria inviata all’Aia, è diventata la principale ragione della mancata consegna alla Corte penale. A inviare alla Farnesina la richiesta di estradizione il 20 gennaio, quando Almasri era già in cella a Torino, fu l’ambasciatore libico a Roma, che la motivava con accuse di crimini di guerra e contro l’umanità, in larga parte sovrapponibili a quelli del mandato della Cpi. “L’Italia è stata chiamata a valutare quale richiesta dovesse avere la priorità”, si legge nella memoria del governo, che ha deciso fosse prioritario consegnare Almasri alla Libia. Vicenda, questa, mai menzionata nelle ricostruzioni dei ministri di Giustizia e Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, davanti al Parlamento. Né il governo ha mai parlato di “pressioni”, come adesso fa invece il primo ministro libico nell’ultima sfida alle milizie non allineate a un governo ormai traballante.
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