Allarme Pensioni: 6,6 miliardi di buco. Adesso chi paga?
- Postato il 16 aprile 2025
- Di Panorama
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Allarme pensioni: c’è un buco di 6,6 miliardi di euro. E ora? Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (Civ) dell’Inps ha quantificato il conto da affrontare e ora lo Stato dovrà saldare, nei prossimi anni, questi 6,6 miliardi, attingendo alla fiscalità generale, per garantire le pensioni ai lavoratori. Non è un ammanco dovuto a errori contabili o speculazioni finanziarie, ma è l’effetto provvedimenti di stralcio approvati tra il 2018 e il 2022 che hanno cancellato miliardi di crediti contributivi, 16,4 miliardi, con un impatto negativo di 13,7 miliardi sul rendiconto generale 2024 dell’istituto
Quei crediti, stralciati e quindi inesigibili ed eliminati dai bilanci, avevano però un valore concreto, erano contributi dovuti dalle imprese e mai versati, nel periodo precedente al 2015. Il problema? Nonostante quei soldi non siano mai entrati nelle casse dell’Inps, le pensioni corrispondenti sono state e vanno comunque erogate, riguardando lavoratori dipendenti. C’è infatti il principio dell’automaticità delle prestazioni: se un’azienda non paga, il dipendente non può essere penalizzato. Mentre per i lavoratori autonomi il mancato versamento comporta semplicemente la perdita della prestazione, per i dipendenti questo non vale. L’Inps deve erogare comunque le pensioni, anche se mancano i versamenti corrispondenti. E il conto, inevitabilmente, ricade sul sistema pensionistico intero.
La Legge di Bilancio 2023 ha portato a 9,9 miliardi ascrivibili allo stralcio dei crediti fino a mille euro maturati tra il 2000 e il 2015. Dal decreto Sostegni 2021 arrivano 5,4 miliardi di stralci fino a 5mila euro relativi al periodo 2000-2010. Con un decreto collegato alla Manovra 2019 si aggiungono 400 milioni per lo stralcio di crediti fino a mille euro sempre dello stesso periodo. Così, la cancellazione dei crediti di anni ha generato il “buco previdenziale” di 6,6 miliardi di euro.
A mettere la toppa, chiede il Civ, deve essere ora lo Stato, attraverso la fiscalità generale. Quindi i contribuenti copriranno i costi di prestazioni pensionistiche legate a contributi mai incassati e stralciati. Gradualmente, nei prossimi anni, in modo che il buco non ricada direttamente sui conti dell’Inps e quindi sulle pensioni future.
Alla questione si aggiunge una falla nei meccanismi dell’Inps, sempre denunciata dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza: la gestione dei flussi informativi tra le Camere di Commercio e l’Istituto. Troppe comunicazioni di cessazioni di attività da parte di artigiani e commercianti arrivano in ritardo. Solo nel 2023 questo ha causato la cancellazione di ulteriori crediti per 778 milioni di euro.
Il dibattito si è aperto ovviamente. Da un lato c’è chi sottolinea che i crediti eliminati erano difficilmente esigibili e quini mantenerli a bilancio sarebbe stato peggio. Dall’alto lato c’è la denuncia (per esempio dei sindacati) di un sistema “distorsivo”, che fa ricadere stralci e condoni dell’evasione contributiva sulla collettività. Il Tesoro nel 2023 ha già trasferito 164 miliardi all’Inps per finanziare le gestioni in perdita e le principali misure di welfare. Ora si aggiungono 6,6 miliardi di euro. L’allarme lanciato dal Civ è chiaro: ogni euro non versato oggi, se ignorato, rischia di diventare un peso insostenibile domani.