Alfa Romeo SZ: il “Mostro” che ha fatto la storia
- Postato il 11 settembre 2025
- Auto D'epoca
- Di Virgilio.it
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Ci troviamo alla fine degli anni Ottanta, quando il mondo dell’auto vive un’epoca di transizione. Le corse regalano ancora gloria al Biscione, ma sulle strade manca una vera sportiva che sappia raccogliere l’eredità di modelli mitici come la 33 Stradale o la Montreal. È in questo vuoto che Alfa Romeo decide di osare: creare una coupé capace di rompere gli schemi, di incarnare l’anima più estrema del marchio e al tempo stesso di guardare al futuro con strumenti mai utilizzati prima.
Nel 1989, al Salone di Ginevra, il pubblico rimane senza parole. Nello stand Alfa troneggia un’auto dalla linea brutale, spigolosa, talmente fuori dagli schemi da sembrare un prototipo fuggito direttamente dal centro stile. Non ci sono mezze misure: o la si ama o la si odia. Eppure, proprio per questo carattere così radicale, guadagna subito un soprannome destinato a restare nella memoria di tutti: “Il Mostro”.
Dietro quelle forme scolpite con CAD (Computer-Aided Design), figlie di un linguaggio di design che anticipa il decennio successivo, c’è la mano di Zagato, insieme al Centro Stile Fiat e Alfa Romeo. Un lavoro corale che unisce tecnologia, passione e un pizzico di follia: tre ingredienti che da sempre definiscono l’identità della Casa milanese. La SZ (Sprint Zagato) non nasce per piacere a tutti, ma per diventare un’icona. E ci riesce, perché oggi, a distanza di oltre trent’anni, resta una delle Alfa più amate e ricercate dai collezionisti.
Un progetto nato con il CAD
La storia dell’Alfa Romeo SZ non è solo quella di un’auto coraggiosa, ma anche di un salto tecnologico. Alla fine degli anni Ottanta, mentre gran parte dei costruttori si affida ancora a tavoli da disegno e modelli in argilla, a Milano e Torino prende forma qualcosa di diverso. Per la prima volta in un progetto di serie, Alfa Romeo e Fiat iniziano a sfruttare CAD e CAM — sistemi di progettazione e manifattura assistiti dal computer — strumenti allora pionieristici, in grado di cambiare per sempre il modo di pensare un’automobile.
Grazie a CAD, designer e ingegneri possono dialogare con una velocità mai vista prima: linee riviste in tempo reale, soluzioni tecniche corrette al volo, modifiche che avrebbero richiesto settimane realizzate in pochi giorni. La SZ è quindi figlia di una nuova era, in cui il computer inizia a sostituire la matita e la gomma, dando forma a un design che non poteva che risultare radicale e avveniristico.
Le forme della SZ nascono da un lavoro a sei mani: il Centro Stile Fiat, quello Alfa Romeo e Zagato, carrozzeria milanese da sempre sinonimo di sportività estrema. Il risultato è una carrozzeria poligonale, fatta di spigoli vivi e superfici tese, lontanissima dall’eleganza tradizionale delle Alfa ma incredibilmente moderna per il tempo. Guardandola oggi sembra ancora un prototipo, con quell’aspetto brutale e squadrato che le è valso il soprannome di “Mostro”. Ma dietro quell’audacia c’è una visione chiara: dimostrare che il futuro dell’auto sportiva passa dall’innovazione, sia tecnica che estetica.

La tecnica: telaio da corsa e V6 Busso
Se l’estetica della SZ è sicuramente un tratto divisivo, la sua meccanica è invece un manifesto di tecnica che non può che mettere tutti d’accordo. Il cuore è sempre lui, il celebre V6 3.0 “Busso”, capace di erogare 207 cavalli e di un sound che è ancora oggi riconoscibile a chi lo ascolta. Ciò che però rende davvero speciale la “Mostro” è quell’insieme delle soluzioni derivate direttamente dal mondo delle corse.
La base meccanica della SZ proviene dall’Alfa Romeo 75 IMSA, la vettura sviluppata l’anno precedente per competere nella categoria Gruppo A. Questo significa un peso che segna 1280 kg sulla bilancia, sospensioni raffinate, assetto ribassato, sterzo diretto e un equilibrio dinamico degno di una vera sportiva da pista. Il telaio è pensato per resistere alle sollecitazioni delle competizioni ed è stato adattato alla strada senza perdere la sua anima corsaiola. A dirigere e affinare questo lavoro troviamo Giorgio Pianta, pilota e collaudatore di lungo corso, già protagonista nelle competizioni rally con l’Alfa e poi responsabile dello sviluppo sportivo del marchio. È lui a plasmare la SZ con un approccio quasi artigianale, fatto di prove estenuanti, regolazioni millimetriche e la capacità di trasformare una base racing in un’auto stradale che non smettesse mai di essere estrema.
Grazie a questo mix, la SZ diventa un laboratorio vivente: un’auto che sembra uscita dai box di una gara più che dalla Carrozzeria Zagato. Il Busso mette la voce, ma è l’insieme delle geometrie delle sospensioni, della taratura dell’assetto e dell’impronta lasciata da Pianta a renderla una delle sportive più affilate della sua epoca.
Si aggiunge la RZ
Se la SZ è già un’auto fuori dagli schemi, nel 1992 Alfa Romeo decide di spingersi oltre con la sua versione a cielo aperto. Nasce così la RZ, sigla che stava per “Roadster Zagato”. Realizzata in appena 278 esemplari, questa variante mantiene intatta la meccanica estrema della coupé, ma aggiunge il fascino della guida en plein air. La linea, forse ancora più spigolosa senza il tetto, continua a dividere gli appassionati: c’è chi la definisce un capolavoro di audacia e chi non riesce ad apprezzarne le proporzioni. Ma proprio questa sua personalità radicale l’ha resa con il tempo una delle spider più desiderate dai collezionisti.
Limitatissima per collezionisti
Tra il 1989 e il 1994 vengono prodotti poco più di 1.000 esemplari complessivi tra SZ e RZ, un numero che la proietta automaticamente nel mondo delle auto da collezione. All’epoca, il prezzo di listino si aggirava intorno ai 100 milioni di lire, circa 50.000 euro odierni: una cifra importante, ma comunque inferiore a quella delle supercar con cui intendeva competere. Oggi, invece, la storia si ribalta. La SZ e la RZ hanno conquistato un’aura mitica, diventando vere instant classic: vetture che già da nuove sapevano di essere destinate all’eternità. Il loro valore è cresciuto costantemente nelle valutazioni internazionali, tanto che un esemplare con 13 mila km è stato venduto a un’asta lo scorso anno per 90.000 dollari. Una consacrazione che conferma come “Il Mostro”, dopo aver diviso le opinioni, sia riuscito a entrare nel cuore di appassionati e collezionisti, diventando uno dei simboli più coraggiosi e anticonformisti della storia Alfa Romeo.