Alessia Pifferi, cancellato l’ergastolo: 24 anni per la madre di Diana. La Corte riconosce fragilità mentale

  • Postato il 5 novembre 2025
  • Di Panorama
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Niente ergastolo, ma ventiquattro anni di carcere. La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ridimensionato la condanna di Alessia Pifferi, la madre della piccola Diana, morta di stenti nell’estate del 2022 dopo essere stata lasciata sola per sei giorni nel suo appartamento di via Parea.

Un verdetto che non nega la colpevolezza, ma cambia la prospettiva: Pifferi resta capace di intendere e di volere, ma la Corte riconosce in lei una fragilità cognitiva e affettiva che le vale le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. Un equilibrio giuridico che cancella la pena massima inflitta in primo grado, e la sostituisce con la misura più alta prevista per l’omicidio semplice: 24 anni di carcere.

Sei giorni di solitudine e silenzio

Era il luglio 2022. La donna, 38 anni, si allontanò da Milano per raggiungere un uomo con cui stava trascorrendo una breve vacanza. A casa, lasciò la figlia di 18 mesi con due biberon di latte, due bottigliette d’acqua e una di tè. La bambina morì di sete e fame, in un appartamento chiuso e senza aria condizionata, nel pieno di un’estate torrida.

La Corte di primo grado aveva considerato quella decisione un atto di dolo diretto: non un abbandono, ma un omicidio volontario aggravato dal rapporto di filiazione, punito con l’ergastolo.

La perizia e la svolta d’appello

A ribaltare la prospettiva è stata la perizia d’ufficio disposta dalla Corte d’Appello, firmata dagli esperti Giacomo Francesco Filippini, Stefano Benzoni e Nadia Bolognini.

Nel rapporto, gli specialisti descrivono una donna dalla fragilità cognitiva settoriale, unita a immaturità affettiva e a disturbi del neurosviluppo risalenti all’infanzia, «evoluti in senso migliorativo» ma ancora presenti.

Il deficit, scrivono, «non invalida significativamente il suo funzionamento psico-sociale», ma ne condiziona i processi decisionali e la capacità di valutare le conseguenze delle proprie azioni. Una forma di vulnerabilità che la Corte ha deciso di tenere in conto, senza assolverla ma riconoscendo una forma di compromissione parziale.

La Procura: «Una condotta disumana»

La procuratrice generale Lucilla Tontodonati aveva chiesto la conferma dell’ergastolo, parlando di «una condotta raccapricciante e difficile da accettare, perché omissiva». «Non è una madre che getta la figlia dalla finestra – ha detto in aula – ma una che la lascia morire lentamente, per cinque giorni e mezzo, nel caldo di luglio, senza aria e senza soccorsi. È un gesto che spiazza perché contraddice il nostro retaggio culturale: pensiamo che una madre non possa farlo. Ma accade, ed è parte della natura umana».

La difesa: «Non è pazza, ma non è come noi»

L’avvocata Alessia Pontenani, difensore di Pifferi, ha parlato di una sentenza che «richiede coraggio, perché va contro l’opinione pubblica». «Forse Alessia è un mostro, ma siamo sicuri che abbia voluto uccidere Diana volontariamente? Io credo di no», ha detto. «Non è pazza, ma ha deficit cognitivi importanti. È capace di parlare, ma quando si cerca di approfondire un concetto non ce la fa: è un vaso vuoto. Non ragiona come noi, non ha strumenti controfattuali, non riesce a prevedere. E questo emerge chiaramente dai test».

In aula, anche la madre di Alessia, Maria Assandri, ha scelto il silenzio: «È mia figlia anche lei, non me la sento di commentare». La sorella, Viviana, aveva invece auspicato la conferma dell’ergastolo: «Non la perdono. Diana non tornerà più».

Un caso che resta aperto nella coscienza collettiva

La storia di Alessia Pifferi è ormai uno specchio distorto della società: la madre che non si comporta da madre, il dolore che sfida la logica, il confine fragile tra colpa e infermità. Con la sentenza d’appello, la giustizia italiana prova a ricomporre la frattura: nessuna giustificazione, ma il riconoscimento di una mente vulnerabile. Resta, però, l’immagine più difficile da cancellare: quella di una bambina sola, nel caldo di Milano, ad attendere qualcuno che non sarebbe più tornato.

Autore
Panorama

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