“Al buio e coi bagni intasati. Un incubo”: la testimone racconta l’odissea dell’Italo bloccato 8 ore nel tunnel
- Postato il 4 dicembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Eravamo 460 passeggeri. Siamo stati abbandonati nell’oscurità, senza luce, senza acqua, senza cibo. I bagni straripavano di liquami, costringendo persone disperate a scendere sui binari per espletare i propri bisogni. Gli steward, impotenti e spaventati, non riuscivano a contenere il panico crescente”. Un’odissea, iniziata alle 17.40 di lunedì 1 dicembre. È in quel momento che il treno Italo AV 8920 diretto a Udine viene colpito da un cavo della linea elettrica – un incidente non attribuibile all’azienda – tra Gallese e Orte mentre si trova in un tunnel. Un attimo che scatena il finimondo, perché viene danneggiato un vetro ed è costretto a fermarsi: “Da quel momento, il nostro convoglio è rimasto intrappolato per otto interminabili ore sotto un tunnel, isolato dal mondo. Quello che è accaduto non è stato solo un disservizio: è stata una prova di sopravvivenza”, racconta Valentina Miele, 38enne operatrice aeroportuale, che era a bordo del convoglio insieme alla figlia di 4 mesi e al marito. Erano partiti da Napoli alle 15.35, direzione Treviso.
“In trappola con mia figlia di 4 mesi”
Invece quel cavo spezzato dà inizio a un’esperienza che, dice, “non avrei mai immaginato di vivere: un viaggio trasformato in un incubo, un dramma collettivo”. Durato otto ore, quanto è servito per trasbordare i 460 passeggeri su un nuovo convoglio di Italo (l’azienda, oltre a scusarsi, ha rimborsato il biglietto e ha emesso un voucher dello stesso importo): “Siamo rimasti intrappolati per un tempo interminabile sotto un tunnel, isolato dal mondo”. Valentina racconta di “neonati, anziani fragili, cardiopatici e una donna incinta” che “hanno vissuto ore di paura e sofferenza”. È toccato anche a lei in prima persona, dovendo gestire una neonata: “Stringevo la mia bambina tra le braccia, nel buio. Era sudata, affaticata e per ore è stata costretta a respirare il fumo di scarico del treno e dei mezzi giunti per l’emergenza”.
Solo due bicchieri d’acqua: “Eravamo prigionieri”
Ha deciso di segnalare la vicenda a Ilfattoquotidiano.it, ci tiene a sottolinearlo, per “denunciare pubblicamente la superficialità e l’incapacità di chi avrebbe dovuto garantire sicurezza e assistenza”. Da viaggiatrice e cittadina, dice, “non possiamo accettare che simili episodi vengano archiviati come semplici inconvenienti”. E allora ecco cosa è accaduto, secondo il suo racconto. Innanzitutto la carenza di acqua, un bene primario in queste situazioni: “Nel nostro vagone hanno distribuito solo due bicchieri e due snack di noccioline in otto ore. Ci sono stati passeggeri meno fortunati che non hanno avuto neanche quel poco, poiché il treno era a corto di scorte. Ho sentito personalmente uno steward chiedere al capotreno cosa fare perché non avevano più provviste a bordo da distribuire. La sensazione era quella di essere prigionieri in una galleria, dimenticati da chi avrebbe dovuto soccorrerci”.
“Noi al buio in condizioni indegne”
Proprio i soccorsi, aggiunge, “sono arrivati solo a notte inoltrata, dopo tentativi falliti di aggancio”. Nel mentre i bagni che si intasano e la tensione che cresce: “Siamo rimasti con le porte bloccate nel buio più totale e a fiato corto per molto tempo, perché erano convinti che da lì a poco il treno sarebbe ripartito, ma non è stato così. L’aria era diventata irrespirabile e alcuni passeggeri in rivolta minacciavano di sfondare i vetri”. Alla fine, la decisione di trasferire tutti gli occupanti su un altro treno dopo la mezzanotte: “Ci hanno trasferiti, costringendoci a tornare indietro fino a Roma Tiburtina prima di riprendere la marcia. Ma ormai eravamo esausti, svuotati, traumatizzati”. L’inconveniente, si sa, può capitare. Ma Valentina punta il dito su tutto quello che ne è seguito: “Questa non è solo la cronaca di un guasto tecnico: è la testimonianza di una gestione disumana dell’emergenza, che ha lasciato centinaia di persone in condizioni indegne – afferma – La paura per mia figlia così piccola è stata immane, un dolore che non dimenticherò mai”.
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