Airbnb vola in Italia. Gli affitti brevi travolgono il mercato immobiliare
- Postato il 28 ottobre 2025
- Di Panorama
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Triplicato. In sette anni il fatturato di Airbnb in Italia è passato da 2,6 miliardi a 8,8 miliardi, e si avvia a superare i 9 miliardi nel 2025. Un aumento di oltre tre volte che racconta molto più di un successo economico: parla di un Paese che cambia, di città che si svuotano dei residenti e di una nuova categoria del ceto medio, gli host, che vivono di rendita. Mentre nella Legge di Bilancio il governo discute l’aumento dell’aliquota sugli affitti brevi dal 21% al 26%, il fenomeno Airbnb, che supera oggi la capacità ricettiva degli hotel, solleva diversi interrogativi: giustizia fiscale, equità, diritto alla casa. E una certezza, con cui fare i conti e su cui riflettere: siamo davanti a un settore, la piattaforma digitale per affitti brevi, che in pochi anni ha raggiungo il peso di interi comparti produttivi in Italia.
Airbnb, fatturato triplicato in sette anni: da 2,6 a 9 miliardi di euro nel 2025
I numeri degli ultimi sette anni di Airbnb parlano di una crescita senza precedenti. Secondo le analisi del Future Urban Legacy Lab del Politecnico di Torino, il numero di unità abitative offerte sulla piattaforma è aumentato di oltre il 50% dal 2017. Dopo la pandemia, il fenomeno è esploso: quasi un milione di alloggi sarà presto disponibile online. Parallelamente, il numero di notti prenotate è cresciuto di una volta e mezza, mentre i ricavi totali sono passati da 2,6 miliardi nel 2017 a 8,8 miliardi nel 2024, con un’ulteriore proiezione di 9 miliardi nel 2025. Gli host italiani sono oggi circa 350 mila e ognuno gestisce in media 2,1 appartamenti. Per quanto riguarda la capacità ricettiva, Airbnb ha superato il sistema alberghiero tradizionale: 3,2 milioni di posti letto contro 2,2 milioni degli hotel. In media, un host guadagna 25 mila euro l’anno, con 11.700 euro di ricavi per immobile. Nelle grandi città come Roma, Firenze e Milano il reddito medio da Airbnb è pari o superiore a quello dei lavoratori dipendenti, che raramente superano i 24 mila euro annui. Il costo medio per notte è passato da 111 euro nel 2017 a 167 euro nel 2024, un aumento del 50% in sette anni, pari a un’inflazione media del 7% annuo. È evidente che c’è in Italia una nuova categoria sociale: gli host.
Roma, Milano e Firenze: gli affitti brevi travolgono il mercato immobiliare
E così si trasforma il mercato immobiliare urbano. A Roma si contano oltre 47 mila alloggi offerti su Airbnb, a Milano più di 38 mila, a Napoli circa 17 mila, mentre a Firenze le case in affitto breve rappresentano quasi il 10% del totale degli immobili abitati. In alcune aree della Toscana, della Puglia e della Campania, la concentrazione di affitti brevi è ormai superiore al 5% del patrimonio immobiliare. A livello nazionale, l’offerta di Airbnb incide sempre più sul “prezzo marginale” del mercato: se un proprietario può guadagnare di più affittando ai turisti, difficilmente sceglierà un contratto lungo per studenti o lavoratori. Il risultato? Gli affitti a lungo termine aumentano, l’offerta di case in locazione stabile si riduce e le famiglie, i giovani e gli studenti vengono progressivamente spinti fuori dai centri urbani.
Cedolare secca al 26%: la battaglia politica sugli affitti brevi e il nodo dell’equità fiscale
La discussione politica sull’aumento dell’aliquota al 26% è accesa, dentro la maggioranza. Dietro si nasconde una questione strutturale: come conciliare la libertà del proprietario con la giustizia sociale e la sostenibilità urbana? Con la cedolare al 21%, un host che guadagna 24 mila euro all’anno paga solo 1.350 euro in più rispetto a un lavoratore dipendente con la stessa cifra tassata al 23%. Una differenza minima, in un contesto dove la rendita immobiliare produce impatti molto più ampi sulla collettività. Il paragone con i grandi settori industriali è impressionante. Oggi il fatturato di Airbnb in Italia rappresenta il 50% della ricerca scientifica e sviluppo; il 60% dell’industria chimica; il 70% della farmaceutica; quasi l’80% dell’elettronica e computer e il 90% delle attività editoriali e audiovisive. È come se una piattaforma digitale di affitti turistici avesse raggiunto, in pochi anni, il peso economico di interi comparti produttivi. Il rischio, secondo molti analisti, è che il Paese finisca per privilegiare la rendita rispetto alla produttività, l’immobiliare rispetto all’innovazione.