Ai migranti dimenticati di Agadez (Niger) è proibito anche protestare. Italia e Ue pagano (e ringraziano)

  • Postato il 20 maggio 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

In condizioni igieniche critiche, alle prese con carenze alimentari e sanitarie, da 236 giorni migliaia di rifugiati protestano pacificamente nel centro umanitario di Agadez, in Niger. Nato grazie ai finanziamenti dell’Unione europea e dell’Italia, come il tricolore all’esterno ricorda, il centro è gestito dall’Agenzia ONU per i Rifugiati (Unhcr) e ospita principalmente rifugiati e richiedenti asilo da zone di conflitto come il Sudan. Senza reali prospettive di reinsediamento in altri Paesi, alcuni sono lì da anni. Altri, donne e bambini compresi, sono i testimoni viventi dei respingimenti operati dalla Libia, dalla Tunisia anche di persone recuperate in mare, e dall’Algeria, che da sola ha deportato quasi 5 mila persone nel mese di aprile, più di 30 mila nel 2024. Un record, nonostante il regime nigerino, insediato nel 2023 con un colpo di stato, abbia abolito la legge che criminalizzava l’immigrazione e aveva trasformato il Paese nel guardiano delle rotte verso i Paesi del Maghreb e oltre, vero l’Europa. Così a pensarci sono appunto i Paesi del Nord Africa, finanziati dalla Ue e dall’Italia che non manca occasione di esprimere gratitudine per il contrasto all’immigrazione. Poco importa se i respingimenti terminano in mezzo al nulla. Non senza violenze e ruberie, la polizia algerina abbandona le persone in remote aree desertiche. Da lì sono 15 chilometri a piedi fino al villaggio di confine di Assamaka. Molti non ce l’hanno fatta. Anche per questo si protesta nel centro di Agadez, nella speranza che la comunità internazionale reagisca a prassi che violano i diritti umani, si accorga di loro e trovi il modo di garantire condizioni dignitose, ma soprattutto soluzioni durevoli. Finora non è mai accaduto, per questo i sit-in nel centro proseguono da oltre 200 giorni. Le intimidazioni e gli arresti non sono mancati, ma adesso il Niger si è stancato anche solo di sentirli e mette al bando ogni forma di protesta.

Il comunicato della Commission Nationale d’Éligibilité (CNE), l’ente governativo che determina lo status di rifugiato e gestisce le richieste di asilo in Niger, è stato rilanciato dal collettivo Refugees in Niger che lo definisce una minaccia. Segue di pochi giorni la decisione, sempre del CNE, di sciogliere tutti gli organi creati dal movimento dei rifugiati, avvertendo che se qualcuno se ne dichiara portavoce verrà immediatamente arrestato su ordine del governo. Adesso, in un comunicato “all’attenzione dei rifugiati e dei richiedenti asilo di Agadez”, la Commissione mette tutto per iscritto. Avverte che “il beneficio dello status di rifugiato può essere revocato a qualsiasi persona, in particolare se è ritenuta colpevole di aver compromesso l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale”. Ricorda lo scioglimento del comitato per i rifugiati e il divieto di costituirne altri. “Pertanto, il fatto che un rifugiato o un richiedente asilo si comporti o agisca come membro di un comitato per i rifugiati presso il Centro umanitario di Agadez costituisce un rifiuto di ottemperare alle leggi e può comportare la revoca dello status di rifugiato”. Anche “organizzare e partecipare a manifestazioni di qualsiasi tipo all’interno del Centro per chiedere il reinsediamento è intollerabile”. Manifestazioni che, si legge, sono iniziativa di “avventurieri che non sono ancora riconosciuti come rifugiati in Niger. Gli avventurieri sono liberi di continuare il loro viaggio migratorio”. L’unico tentativo di comunicare al mondo la propria condizione, da un centro nel deserto a 15 chilometri dalla città, viene così criminalizzato, con la minaccia di perdere quantomeno lo status di rifugiato.

Il tutto sotto lo sguardo dell’Unhcr che infatti è criticata dagli stessi rifugiati come da molte organizzazioni umanitarie che da tempo denunciano le condizioni del centro di Agadez. L’Agenzia ONU è accusata di inazione o, peggio, di assecondare le intimidazioni nei confronti di chi protesta, compresa la sospensione della distribuzione dei voucher alimentari a 1.500 persone, richiesta dalle autorità nigerine. Ora che la repressione è stata messa nero su bianco e le autorità di Agadez hanno annunciato il possibile rimpatrio di una parte delle persone del Centro, la presa di posizione dell’Unhcr viene chiesta a gran voce da chi considera il centro una “prigione a cielo aperto”, emanazione diretta delle politiche di esternalizzazione della Ue come dell’Italia. “Siamo riusciti a dare un forte segnale politico sulla necessità e sulla capacità di gestire insieme sfide complesse”, ha detto il nostro il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, lo scorso 11 aprile a Napoli dove ha incontrato i suoi omologhi Brahim Merad (Algeria), Imad Trabelsi (Libia), Khaled Nouri (Tunisia) per i lavori della cabina di regia sulla migrazione e sui rimpatri volontari assistiti. A proposito: alcune organizzazioni per i diritti umani accusano l’Algeria di giustificare le espulsioni di massa come “rimpatri volontari” con l’aiuto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). Di certo si tratta ormai di “deportazioni a catena”: dalla Tunisia all’Algeria, dall’Algeria al Niger e poi chissà. A gennaio, i vertici della Sicurezza Pubblica italiani e algerini hanno firmato un Memorandum in materia di formazione tra la Scuola italiana di perfezionamento delle Forze di Polizia e la Scuola superiore di Polizia algerina “Ali Badaoui”. “Questi nuovi strumenti – ha dichiarato Piantedosi in quell’occasione – aumenteranno la sinergia tra le nostre Forze di Polizia, attraverso lo sviluppo di una comune metodologia di lavoro”.

L'articolo Ai migranti dimenticati di Agadez (Niger) è proibito anche protestare. Italia e Ue pagano (e ringraziano) proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti