AI in azienda: come creare valore concreto evitando errori strategici

  • Postato il 4 luglio 2025
  • Innovation
  • Di Forbes Italia
  • 1 Visualizzazioni

di Lucrezia Van Stegeren

Con l’intelligenza artificiale che si fa sempre più centrale nel panorama aziendale, la vera sfida per le organizzazioni non è solo adottare nuove tecnologie, ma capire come sfruttarle al massimo. Nonostante il 75% delle aziende stia investendo in AI, solo il 30% è riuscito a scalare con successo queste tecnologie, mentre più della metà delle organizzazioni globali non ha ancora una strategia chiara per integrarle efficacemente nei processi core. Eugenio Cassiano, svp strategy & innovation di Celonis, lo sa bene.

In occasione del Process intelligence day organizzato da Celonis a Milano, Cassiano ha trattato uno dei temi più urgenti per le imprese di oggi: come massimizzare i benefici dell’intelligenza artificiale senza incappare nelle trappole della complessità operativa. Il focus dell’evento organizzato dall’azienda leader nel process mining è stato proprio sull’adozione di strategie data-driven per ottimizzare le supply chain e garantire maggiore resilienza in un contesto sempre più volatile, con roundtable, case study e demo session che hanno mostrato come le principali organizzazioni italiane stiano già beneficiando della tecnologia di Celonis.

Molte aziende si trovano a fronteggiare un problema fondamentale nell’adozione dell’AI: senza una visibilità completa e accurata dei propri processi, l’intelligenza artificiale rischia di non rendere al massimo. È qui che entra in gioco la process intelligence, che consente alle aziende di creare un “digital twin” dei propri processi aziendali, garantendo una visione chiara e dettagliata delle operazioni. Con questa visibilità end-to-end, le organizzazioni non solo identificano le inefficienze, ma possono anche integrare l’AI in modo mirato, ottimizzando in tempo reale le performance e automatizzando le decisioni.

In un contesto economico e geopolitico sempre più incerto, l’integrazione tra AI e process intelligence sta diventando cruciale per la resilienza e l’efficienza delle imprese. In questo scenario, Celonis sta non solo affrontando la sfida, ma rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, creando valore laddove prima c’era solo complessità.

L’intelligenza artificiale sta crescendo in modo esponenziale, ma il suo impatto nelle aziende è ancora parziale. In questo scenario, che ruolo gioca la process intelligence?

La process intelligence è la tecnologia che consente alle aziende di mappare e analizzare in tempo reale i processi operativi così come avvengono realmente nei loro sistemi IT. Oggi è fondamentale perché, in un mondo digitale sempre più complesso, permette di capire dove si perdono tempo e risorse e di trasformare dati grezzi in insight azionabili. In questo modo le aziende possono prendere decisioni più rapide e precise, migliorando l’efficienza e la competitività.

Quali sono i problemi principali che vedete nelle aziende che usano Celonis, cosa cercano di risolvere quando si rivolgono a voi?

Molte aziende hanno processi poco efficienti, con attività manuali, errori e lunghe attese che generano costi elevati e insoddisfazione dei clienti. Celonis permette di vedere con chiarezza dove si verificano questi problemi, quali passaggi sono superflui o rischiosi e come intervenire per ottimizzarli o automatizzarli. In questo modo si riducono i costi operativi, si migliora la qualità e si aumenta la trasparenza su come funzionano davvero i processi.

Parliamo di AI. Dove siamo oggi nel rapporto tra intelligenza artificiale e impresa? Cosa non si sta guardando?

La relazione tra AI e impresa si sviluppa su due piani principali. Il primo è quello ‘orizzontale’, cioè l’uso di tecnologie, come gli agenti generativi, che lavorano su dati non strutturati per migliorare la produttività. Un esempio semplice? I Large Language Model come ChatGPT. Questo tipo di AI sta già trasformando il nostro lavoro quotidiano, migliorando l’efficienza. Il secondo piano è quello ‘verticale’, che riguarda l’uso dell’AI per aumentare direttamente i ricavi delle aziende, non solo per ridurre i costi. Ad esempio, nelle aziende, l’AI viene impiegata nel servizio clienti, con l’adozione di agenti predittivi che possono diventare autonomi per gestire processi specifici. Ma, per arrivare a una completa autonomia, dove gli agenti operano senza intervento umano, siamo ancora lontani. Specialmente in grandi aziende, l’intelligenza umana è ancora essenziale per prendere decisioni strategiche. Infine, c’è un concetto fondamentale: ‘no AI without PI’, cioè non c’è AI senza process intelligence. Questo significa che, per sfruttare davvero l’intelligenza artificiale, bisogna prima avere una profonda comprensione dei processi aziendali. Senza questa ‘mappa’ dettagliata dei processi, l’AI non può essere accurata e quindi non può generare valore concreto per l’impresa.

Secondo lei qual è la vera rivoluzione della generative AI per l’impresa?

La vera rivoluzione è il passaggio da un process mining identificativo a un process mining self-healing. L’intelligenza artificiale amplifica la capacità della process intelligence di analizzare enormi quantità di dati in tempo reale e di rilevare pattern complessi che sarebbero invisibili all’occhio umano. Grazie all’AI, Celonis non si limita a mostrare i problemi, ma è in grado di prevedere rischi futuri, suggerire azioni correttive automatiche e supportare i team nelle decisioni quotidiane. Inoltre, grazie agli agenti generativi, possiamo correggere le deviazioni in tempo reale, evitando che un processo finisca su un percorso che porta a ritardi o errori. In questo modo, l’AI trasforma la process intelligence in uno strumento predittivo e proattivo, non più solo diagnostico.

Quali settori stanno beneficiando maggiormente della process intelligence e perché?

 Tutti i settori possono trarre vantaggio dalla process intelligence, ma vediamo un impatto particolarmente forte nel manifatturiero, nell’automotive, nella logistica, nei servizi finanziari e nel retail. Si tratta di ambiti con processi operativi molto complessi e grandi volumi di dati, dove la process intelligence permette di migliorare l’efficienza e la customer experience in modo significativo.

Ci sono barriere culturali o organizzative che rallentano l’adozione della process intelligence?

Le barriere principali non sono tecnologiche ma culturali. Spesso manca la volontà di cambiare il modo di lavorare o c’è resistenza perché le persone temono che la process intelligence diventi uno strumento di controllo. In realtà si tratta di un supporto per migliorare l’azienda. Per questo serve una sponsorship forte dal top management, che spieghi chiaramente i benefici a tutta l’organizzazione.

Qual è la maturità delle aziende italiane su questi temi?

 Sta cambiando. La cosa che mi rende più ottimista è vedere leadership femminili emergenti: portano una propensione maggiore al fail fast, risk fast, learn fast. Questo mindset è essenziale per innovare. Allo stesso tempo, vedo ancora poco spazio per i giovani laureati. In Italia è difficile esporli presto a responsabilità elevate o farli interagire direttamente con il top management, mentre in altri Paesi questo avviene più facilmente. Quindi sono positivo sul trend, ma c’è un’area chiara di miglioramento: creare opportunità di crescita veloce per i giovani talenti. Condivido con Celonis l’importanza di coltivarne tutte le loro potenzialità e agevolarne la crescita, è per questo che lavoriamo molto a contatto con l’Università e abbiamo istituito un programma che si chiama Celonis Academic Alliance grazie al quale collaboriamo con alcune delle più importanti università italiane come la Bocconi, l’Università degli Studi di Verona e l’Università La Sapienza di Roma. Qui formiamo la prossima generazione di professionisti nella process intelligence e nel Process Mining e promuoviamo l’innovazione attraverso la ricerca con l’obiettivo di ampliare la comunità di esperti.

Lei ha co-fondato Celonis Labs e il vostro compito è guardare avanti. Ci racconta su quali tecnologie emergenti state concentrando la vostra attenzione?

 La sfida che vediamo ora è l’orchestrazione. Avremo miliardi di copilot e agent distribuiti nelle aziende, e serviranno sistemi capaci di orchestrare questa complessità. Penso a protocolli emergenti per coordinare agenti AI tra sistemi diversi, come Aidway di Google o MCP di Anthropic: stiamo studiando come Celonis possa integrarsi come orchestratore di processi con questi ecosistemi. Un altro tema cruciale è la qualità dei dati. Spesso il problema non è il sistema IT, ma il modo in cui viene gestito il dato, il Master Data Management. Infine stiamo esplorando la process intelligence multimodale, integrando modelli comportamentali per osservare come le persone lavorano e orchestrare l’interazione tra sistemi e attività umane. È un passo verso i Large Action Models, agenti capaci di task personalizzati su misura, senza però invadere la privacy.

Se potesse dare un consiglio al board di una grande azienda italiana sul futuro dell’AI?

Direi di mantenere un mindset bilanciato. È giusto concentrarsi sull’AI ora, ma serve anche la capacità di gestire lo short term senza dimenticare la visione di lungo periodo. Bisogna restare sempre pronti a reagire velocemente ai cambiamenti. Le tecnologie devono supportare questa reattività, ma la strategia resta la vera bussola.

 

 

L’articolo AI in azienda: come creare valore concreto evitando errori strategici è tratto da Forbes Italia.

Autore
Forbes Italia

Potrebbero anche piacerti