Ahmadreza Djalali, il medico che ha lavorato a Novara, torna nel carcere di Evin: “Tre mesi di incertezza e paura”
- Postato il 26 settembre 2025
- Cronaca
- Di Quotidiano Piemontese
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NOVARA – È tornato nella prigione di Evin, a Teheran, Ahmadreza Djalali, il medico iraniano-svedese condannato a morte nel 2017 con l’accusa di spionaggio a favore di Israele. La notizia è stata diffusa dalla moglie, Vida Mehrannia, che ha annunciato su X la fine di tre mesi di incertezza sulle sorti del marito.
L’ex ricercatore del Centro di medicina dei disastri (Crimedim) dell’Università del Piemonte Orientale era stato trasferito da Evin lo scorso giugno, in seguito a un raid israeliano che aveva colpito il carcere, senza che la famiglia ricevesse ulteriori notizie sulla sua destinazione.
“Dopo tre mesi di sparizione che hanno causato molta paura e preoccupazione alla nostra famiglia, Ahmadreza Djalali è stato trasferito al carcere di Evin il 24 settembre”, ha scritto Mehrannia, rinnovando l’appello per la liberazione immediata del marito. Le condizioni di salute del medico restano precarie: lo scorso maggio aveva infatti subito un infarto.
Sul caso è intervenuta anche la ministra degli Esteri svedese, Maria Malmer Stenergard, che ha discusso della situazione con il suo omologo iraniano Abbas Araghchi durante i lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. “Gli sforzi per ottenere il rilascio di Ahmadreza Djalali continuano – ha dichiarato –. La richiesta della Svezia è che l’Iran lo liberi immediatamente per motivi umanitari, in modo che possa ricongiungersi con la sua famiglia”.
Djalali, 53 anni, arrestato nel 2016 durante un viaggio di lavoro in Iran, è diventato negli anni un simbolo della mobilitazione internazionale a favore dei prigionieri di coscienza e dei ricercatori detenuti per motivi politici.
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