Agroalimentare a rischio dazi, ma l’euro debole può dare slancio all’export negli Usa
- Postato il 23 novembre 2024
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Il Quotidiano del Sud
Agroalimentare a rischio dazi, ma l’euro debole può dare slancio all’export negli Usa
L’insediamento di Trump alla Casa Bianca potrebbe portare ad una nuova stretta sui dazi che colpirebbe l’agroalimentare ma una chance arriva dall’euro debole
L’euro scende ai minimi sul dollaro raggiungendo così il livello di fine novembre del 2022 ed è allarme per l’economia. Ma il settore agroalimentare potrebbe invece beneficiare di questo andamento per rafforzare la presenza sul mercato statunitense che si avvia a diventare il primo sbocco per il cibo italiano scippando il podio alla Germania alle prese con una difficile congiuntura.
Per il made in Italy a tavola le spedizioni all’estero rappresentano la vera ricchezza. E infatti viaggiano in controtendenza rispetto all’andamento generale. L’ultima congiuntura flash di Confindustria ha infatti segnalato nel terzo trimestre una ulteriore riduzione dell’export dello 0,6% con segnali negativi anche a ottobre a causa della debolezza dell’Eurozona e della Germania in particolare. Ma lo scenario dell’agroalimentare è diverso. Il settore infatti, secondo le elaborazioni di Coldiretti sui dati Istat relativi ai primi 8 mesi del 2024 sullo stesso periodo del 2023, continua a inanellare successi nonostante le tensioni internazionali.
Nel periodo gennaio-agosto il valore delle esportazioni di cibo tricolore – ha sottolineato Coldiretti – ha superato i 45 miliardi. E come ha confermato anche il presidente dell’Ice, Matteo Zoppas, alla presentazione del rapporto Ismea, si corre verso i 70 miliardi. E a tirare sono soprattutto i mercati extra-Ue (+14%), in testa gli Stati Uniti. La Germania resta il primo mercato per i prodotti alimentari italiani (+3,6%), ma è tallonata dagli Stati Uniti che hanno messo a segno un balzo del 19%. Aumenti significativi anche in Russia (+21%) e Cina (+17%).
Oggi è al mercato americano che si guarda con la massima attenzione. L’euro debole potrebbe dare una ulteriore spinta alle spedizioni di prodotti alimentari super gettonate in quell’area. E un’accelerazione tornerebbe utile per fidelizzare i consumatori in vista di possibili “ritocchi” dei prezzi delle eccellenze più gettonate come i formaggi e i salumi nel caso di dazi. I prodotti simbolo della Dieta Mediterranea negli ultimi dieci anni hanno registrato infatti un vero exploit. Coldiretti ha calcolato un +67% per l’olio d’oliva (gli americani sono grandi consumatori e hanno superato la Spagna) e addirittura +193% per la pasta. In pole position anche la salsa di pomodoro (+133%) e i formaggi Dop dal Parmigiano al Grano Padano, che hanno raddoppiato le vendite negli States. Eccellenze Dop e Igp che, secondo le rilevazioni di Afidop, in Italia hanno raggiunto un valore di 4,6 miliardi. L’export di formaggi nel 2023 (dati Assolatte) è cresciuto negli Usa dell’11,4% in quantità e del 10,6% in valore. Anche il vino made in Italy si conferma il principe delle tavole Usa con un aumento del 63% in valore.
Negli Usa c’è stata nei giorni scorsi una tappa importante del made in Italy e della mozzarella di bufala Dop campana, in particolare, in occasione della IX settimana della Cucina italiana nel mondo promossa dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
Un mercato dunque ricco per l’agroalimentare nazionale che per questo teme possibili rallentamenti per effetto dei dazi. I formaggi nel 2020 sono stati penalizzati con perdite di 65 milioni di export e altri 40 milioni di ulteriori costi. Il vino allora non era stato toccato dalle restrizioni introdotte da Trump. La scelta era caduta sui prodotti leader e allora per i prodotti enologici al primo posto c’era la Francia. Oggi invece c’è l’Italia che rischierebbe dunque ulteriori penalizzazioni. Anche se il Governo tende a minimizzare e si fa forte del rapporto speciale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il Tycoon e il suo staff, il rischio comunque c’è. E dunque guadagnare spazi ora sull’onda dell’euro debole potrebbe tornare utile. Una volta perse le posizioni, come è successo nella precedente presidenza Trump, è difficile poi riconquistarle anche perché non si può non ricordare che negli Stati Uniti l’agroalimentare è amato, ma è fiorente anche un’industria del falso. Dei 120 miliardi di prodotti taroccati in giro per il mondo più di 40 miliardi sono realizzati negli States. E il tentativo che l’industria locale dei formaggi ha più volte fatto è di sdoganare sul mercato europeo il Parmesan. Ma se vince la logica di America First, anche il finto parmigiano made in Usa potrebbe provare a diventare primo su quel mercato. Le variabili del commercio mondiale sono tante e gli annunci in campagna elettorale non suonano tranquillizzanti.
È comunque un fatto che l’Italia sul fronte alimentare non può che continuare a giocare tutte le sue carte sulle esportazioni. Anche colmando quel gap logistico che oggi non consente la conquista di nuovi mercati. La carenza di infrastrutture è costata, secondo i calcoli del Centro Studi Divulga, 90 miliardi per il complesso delle esportazioni italiane, 9 miliardi solo per l’agroalimentare. Per questo il settore “guarda” alla nuova Commissione europea che dovrebbe ottenere il via libera il 27 novembre e diventare così pienamente operativa il 1° dicembre e che ha fatto molte promesse all’agricoltura. Da Bruxelles Coldiretti si attende, oltre a un taglio di burocrazia e a un green più amico degli agricoltori e allevatori, anche più fondi per la Politica agricola comune (Pac) che conta 387 miliardi fino al 202. Il Farm bill che rappresenta la Pac americana ha messo sul tavolo 1400 miliardi di dollari per gli agricoltori. Con questi numeri è difficile per l’Unione europea competere con giganti come quello americano e la Cina che sta rafforzando in modo significativo la sua produzione alimentare a partire dal pomodoro che rischia di mettere fuori gioco l’oro rosso tricolore.
Il Quotidiano del Sud.
Agroalimentare a rischio dazi, ma l’euro debole può dare slancio all’export negli Usa