Agrigento, l’azienda idrica pubblica è in rosso: l’acqua rischia di tornare a essere gestita dai privati

  • Postato il 28 agosto 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’avvento di Aica, l’azienda idrica comuni agrigentini, era stato salutato come il ritorno all’acqua pubblica dopo anni di mala gestio, ma il sogno rischia di svanire in fretta. Nata nel 2022 dopo il fallimento di Girgenti Acque – azienda che, secondo la procura, avrebbe gestito in maniera illecita l’acqua nei comuni della provincia di Agrigento – oggi anche Aica rischia di fallire per un debito di circa 28 milioni.

I primi problemi hanno riguardato un pignoramento da parte di Siciliacque (una società mista classificata come “impresa pubblica” ma prevalentemente privata) di due milioni di euro che ha, di fatto, bloccato i conti dell’azienda e, di conseguenza, gli stipendi dei circa 300 dipendenti. Nella provincia dove l’acqua è carente e viene pagata due volte – prima a Siciliacque e poi ad Aica – la situazione debitoria la fa da padrona: i comuni devono ad Aica circa 9 milioni e l’azienda accumula debiti con Siciliacque. Il rischio, così, è che Aica possa passare in mano proprio alla stessa azienda di sovrambito (controllata per il 75% da Italgas e il restante 25% dalla Regione Siciliana) che fornisce il bene essenziale anche ad altre province dell’isola.

Ad oggi a poco è servito l’intervento del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, elettosi mediatore della crisi tra le due aziende: nonostante i tentativi, infatti, Aica non riesce a trovare un accordo e a ottobre rischia un secondo pignoramento, oltre che lo stop agli stipendi che ha già allarmato i sindacati.

Mentre il governo regionale cerca di mediare, le opposizioni attaccano: per loro si tratta di un “giuoco delle parti”, di pirandelliana memoria, finalizzato proprio a rendere l’acqua di nuovo un interesse privato, in questo caso a favore della Italgas Spa, socio di maggioranza di Siciliacque. A sollevare la questione è stata anche la neo presidente di Aica, Danila Nobile, che – in un videomessaggio a Schifani – ha sollevato le perplessità sulle azioni di Siciliacque sottolineando alcune stranezze del loro primo incontro. In una sorta di excusatio non petita proprio Schifani aveva detto alla presidente: “Non è nostra intenzione acquisire Aica”. Una strada che però, dopo tre settimane dalla discussione e il pignoramento dei conti, sembra diventata possibile, nonostante le rassicurazioni della Regione.

Del caso si discute anche all’Ars dove il capogruppo Pd, Michele Catanzaro, sottolinea che il messaggio della presidente è “un grido d’allarme che non può essere ignorato. Si parla apertamente di figure che dietro mentite spoglie lavorano per fare fallire una società pubblica”. “Tutto ciò – aggiunge Catanzaro – è gravissimo: siamo stati protagonisti della battaglia civica per l’acqua pubblica e non possiamo ignorare ciò che sta accadendo”.

A parlare di un percorso finalizzato al fallimento pilotato sono anche alcuni sindaci, come quello di Favara Antonio Palumbo, e anche le associazioni da sempre schierate a sostegno dell’acqua pubblica, come “L’AltraSciacca” che denuncia “un disegno politico che mira a delegittimare il modello consortile per favorire il ritorno della gestione privata. Come dimostra il recente passaggio del 75% di Siciliacque da Veolia a Italgas”. In questo clima confuso dove anche il “Cartello sociale” – che riunisce sindacalisti, preti e associazioni – ha chiesto un incontro al prefetto, a farne le spese sono comunque i cittadini che potrebbero fare i conti con una riduzione dell’acqua se i debiti non verranno saldati.

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Il Fatto Quotidiano

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