Agrigento Capitale della cultura bocciata dalla Corte dei Conti: “Ritardi e criticità sulla rendicontazione delle spese”
- Postato il 2 novembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Malgrado la sonora bocciatura della Corte dei conti, il sindaco di Agrigento Francesco Micciché riesce ad essere ottimista, sui 12 mesi da Capitale della cultura: “Non è mia intenzione negare le criticità sollevate, tuttavia le conclusioni della Corte alimentano un margine di miglioramento”. Dopo 10 mesi dall’inizio dell’evento e a soli 60 giorni dalla conclusione, finalmente il primo cittadino vuole mettere una toppa ai buchi indicati dai giudici contabili. Sarà un’impresa, perché dei 44 progetti del dossier solo quattro sono conclusi. 31 invece sono operativi: ma solo 14 in corso di svolgimento, gli altri 17 in allestimento. Cinque iniziative sono ancora in fase di affidamento, in attesa di sapere chi le porterà in porto. I magistrati contabili vogliono fare chiarezza sulla gestione degli oltre 6 milioni di euro di fondi (quasi tutti pubblici).
Tutti i dubbi dei giudici contabili: caos gestionale e poca rendicontazione delle spese
La relazione della sezione di controllo per le regione siciliana, consegnata il 28 ottobre, in 198 pagine conferma tutti i dubbi già sollevati: gravi ritardi nella preparazione degli eventi, poca rendicontazione delle spese, assenza di controlli sui risultati economici, caos gestionale. Al punto da mettere “ad elevato rischio l’attuale ed effettiva realizzazione dell’obiettivo”. Le toghe notano un “miglioramento del quadro gestionale”, ma non per meriti della città dei templi e della Regione Sicilia. I benefici sono arrivati grazie alle “migliori professionalità provenienti dall’alta dirigenza dello Stato, che hanno – con piena ed inconfutabile evidenza – apportato un rilevante contributo all’efficienza amministrativa”.
Malgrado ciò, permangono “criticità sulla razionalità organizzativa e sull’efficienza gestionale”, con “ritardi e deficit organizzativi”. Eppure la Corte dei Conti aveva messo in guardia, nel documento di 144 pagine consegnato a metà settembre. La Fondazione Agrigento capitale della cultura aveva tempo fino al 25 dello stesso mese, per dare spiegazioni e porre rimedio. Invece i problemi sono intatti: “nessuna delle criticità di sistema individuate nello svolgimento dell’istruttoria può ritenersi superata”. Già in quella relazione, le toghe dipingevano il quadro impietoso di una gestione con “rilevanti profili d’incertezza”, “significativi profili di confusione”, oltre a “rilevanti ritardi nella rendicontazione”. Nella nuova delibera affondano ancora il colpo. I giudici non vedono “elementi utili a dimostrare il conseguimento degli obiettivi indicati nel dossier di candidatura”: ovvero “coesione sociale”, “sviluppo economico”, “benessere individuale e collettivo”, “visibilità e attrattività del territorio”. Insomma, la Capitale della Cultura sarebbe scivolata su Agrigento senza lasciar traccia o vantaggio per alcuno. Il motivo del fallimento? Le carenze “sulla razionalità organizzativa e sull’efficienza gestionale”. Risultato: “rilevanti e significativi ritardi nella rendicontazione delle somme utilizzate a valere sui finanziamenti rispettivamente, statali (Ministero Cultura) e regionali”. Dunque la Capitale della cultura ha incassato milioni, ma non è chiaro come abbia speso i soldi. Oscura anche le “verifiche di congruità dei costi contrattuali” e “dei risultati”. Praticamente, la Capitale della cultura naviga senza bussola. La Corte dei conti fissa la prossima scadenza: “La valutazione sui risultati effettivamente conseguiti a chiusura dell’iniziativa”. Appuntamento al 31 dicembre 2025, quando Agrigento capitale della cultura chiuderà i battenti e si tireranno le conclusioni.
Ma la Fondazione è soddisfatta: “Nessuna irregolarità contabile”
Intanto, la Fondazione Agrigento Capitale della cultura tira quasi un sospira di sollievo, leggendo la il documento: “Non rileva irregolarità contabili. Questo conferma la correttezza della gestione e di un lavoro quotidiano”, si legge nel comunicato. Soprattutto, esulta la Fondazione, la delibera dei giudici “riconosce il lavoro di riorganizzazione avviato dall’attuale governance, insediata a febbraio, che ha riguardato la ricostruzione di procedure, cronoprogrammi e piani di lavoro”. La bocciatura diventa quasi un successo, per l’attuale presidente della Fondazione, l’ex prefetto Maria Grazia Cucinotta. Una sberla per i due ex: il presidente Giacomo Minio e il direttore generale Roberto Albergoni. Il primo si è dimesso il 25 gennaio, sostituito dall’ex prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta. Il secondo ha abbandonato la nave il 25 marzo. Al suo posto è arrivato, senza gara pubblica, Giuseppe Parello, assunto l’8 aprile: uomo dell’amministrazione regionale e direttore del Museo Salinas. Un professionista del settore culturale. Mentre nel Consiglio d’amministrazione della Fondazione siedono esponenti con esperienze disparate. Come il dermatologo Giuseppe Ferro, in voga tra le signore agrigentine desiderose del “ritocchino”. Di fatto, la fondazione è stata “commissariata” dalla Regione a trazione Forza Italia, con Renato Schifani presidente. Mentre l’altro pilastro, il Teatro Pirandello, è saldamente in area Fratelli d’Italia. Ad Agrigento è andato in scena lo spoil system delle destre. Ieri Maria Grazia Cucinotta è stata ricevuta a a Palazzo d’Orléans dal presidente della giunta.
Il Movimento 5 stelle accusa Schifani
Il Movimento 5 stelle attacca il presidente della Regione, con il capogruppo all’Assemblea siciliana Antonio De Luca: “Due sonori schiaffoni per Schifani. Altro che momento magico, quello che sta attraversando la Sicilia è un interminabile periodo tragico. Le roboanti bocciature arrivate nelle ultime 24 ore, dalla Corte dei Conti relativamente al Ponte sullo Stretto e su Agrigento Capitale della cultura, due vicende su cui il presidente della Regione ha messo la faccia, oltre che tantissimi soldi dei siciliani, ne sono solo un esempio”.
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