Agenti indagati per la morte del killer del brigadiere, l’Anm: “Nessuno schiaffo alla polizia”. Il Viminale rilancia lo “scudo penale”

  • Postato il 16 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Da un lato il governo rilancia lo “scudo penale” per gli agenti, dall’altro l’Associazione nazionale magistrati difende i colleghi che hanno iscritto nel registro degli indagati i due poliziotti coinvolti nella sparatoria con la quale è terminata la fuga dei due banditi che hanno ucciso il carabiniere Carlo Legrottaglie. A rilanciare la norma già bocciata a gennaio è il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, in un’intervista a Libero: “Ci stiamo lavorando” ed “è nostra intenzione andare fino in fondo”, ha detto l’esponente della Lega, il partito più attivo nel criticare gli accertamenti disposti dalla procura di Taranto.

“Abbiamo già allo studio una norma per completare quanto introdotto nel decreto Sicurezza: la sommatoria tra tutela legale, ovvero i 10mila euro per ogni grado di giudizio destinati agli agenti, e tutela processuale garantirà la piena operatività delle forze di polizia – ha detto – Questa è la precondizione affinché siano messe nella condizione di fare al meglio il proprio lavoro. Serve una norma aggiuntiva: l’agente che nell’adempimento dei suoi doveri usa legittimamente le armi per uno stato di necessità non deve essere indagato. La criminalizzazione di chi indossa una divisa va evitata”.

La norma “a cui pensiamo non dovrà valere solo ed esclusivamente per gli agenti”, ha sottolineato all’indomani delle polemiche per la necessità di iscrivere i due agenti nel registro degli indagati dopo la morte di Michele Mastropietro, il sospettato in fuga nelle campagne di Grottaglie. Il bandito è stato ucciso nel conflitto a fuoco con due poliziotti e la loro iscrizione è un atto dovuto in vista dell’autopsia. “Le forze dell’ordine rappresentano la legge e non andranno mai fuori dall’ordine giudiziario – ha detto ancora Molteni – Qui il discorso è un altro: se un poliziotto o un carabiniere finisce nel registro degli indagati, nonostante abbia fatto il suo lavoro cioè garantire la sicurezza dei cittadini, si ritrova penalizzato sia da un punto di vista economico che da un punto di vista disciplinare. Penso alle carriere bloccate. E questo non è giusto”.

In mattinata a prendere posizione era stata la Giunta distrettuale di Lecce dell’Associazione nazionale magistrati parlando di valutazioni “né condivisibili né accettabili” espresse su “alcuni organi di stampa da parte di alcuni esponenti politici e dei rappresentanti di alcuni sindacati della Polizia di Stato sull’operato dei magistrati della procura di Taranto, impegnati, in queste ore, in delicati accertamenti sulle circostanze”.

La natura stessa degli accertamenti “impone la partecipazione ad essi, anche nel loro interesse, del personale” coinvolto “suo malgrado” nel conflitto a fuoco: “Tale partecipazione è imposta dalla lettera, dalla ratio e dalla finalità delle norme del Codice di procedura penale”, ricorda la Giunta leccese dell’Anm, presieduta da Giuseppe De Nozza, esprimendo “sostegno, vicinanza, solidarietà” ai colleghi tarantini che si stanno occupando dell’inchiesta.

“Nessuno di tali accertamenti può e deve essere letto come uno schiaffo alla realtà, alla logica e al lavoro di chi ogni giorno rischia la pelle per proteggere i cittadini o come una manifestazione di confusione o di contraddizione o, addirittura, come il segno della volontà di criminalizzare il personale”, scrive sempre il sindacato leccese dei magistrati, che era presente al funerale di Legrottaglie. Si corre altrimenti il “concreto rischio che una tragedia” divenga “occasione per provare a dividere coloro, carabinieri, poliziotti e magistrati, che quotidianamente svolgono, insieme, il loro lavoro dalla stessa parte, quella giusta”, sostiene sempre la Giunta distrettuale dell’Anm auspicando che l’inchiesta si svolga “nel più breve tempo possibile, così da restituire” agli agenti coinvolti “la serenità necessaria”.

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