Affidopoli Marche, Santini inchioda Ricci: ora i “no comment” non bastano più

  • Postato il 13 agosto 2025
  • Di Panorama
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Certo, siamo garantisti. Dunque, a differenza di ciò che fece il Pd con Giovanni Toti non chiediamo le dimissioni di Matteo Ricci da europarlamentare, né che rinunci alla corsa per divenire presidente della Regione Marche. Un avviso di garanzia – per quanto con accuse gravi come la corruzione – non è una condanna. A Toti, quando venne arrestato, non fu contestato di aver messo in tasca nemmeno un euro, ma di aver beneficiato tramite il proprio comitato elettorale di finanziamenti ottenuti da imprenditori con cui la Regione da lui presieduta intratteneva rapporti e a cui concedeva autorizzazioni. Per essere chiari, non c’è molta differenza con ciò che si imputa a Ricci, al quale i pm contestano una gestione degli appalti in rotta con il codice penale, che non gli avrebbe portato un beneficio patrimoniale, ma un rilevante consenso politico e popolare. Insomma, non avrebbe preso soldi per sé, ma con i soldi del Comune di Pesaro si sarebbe fatto la campagna elettorale.

Ma ribadiamo: siamo garantisti. Tuttavia, voler aspettare la conclusione delle indagini, e anche le sentenze conclusive di eventuali processi, non significa chiudere gli occhi su alcuni fatti. Quando ha avuto notizia delle indagini a suo carico, l’ex sindaco e oggi candidato alla guida della Regione per conto del Campo largo, ha subito detto di voler chiarire la propria posizione davanti ai pm e si è sottoposto a un interrogatorio dal quale dice di essere uscito avendo chiarito ogni cosa. Da quanto abbiamo capito, anche in seguito a una improvvisata conferenza stampa davanti alla caserma della Guardia di finanza dove era stato sentito dai magistrati, Ricci avrebbe addossato la colpa degli affidamenti senza gara e dei soldi finiti nelle tasche sbagliate a un suo ex collaboratore, quel tale Massimiliano Santini a cui era stato dato incarico di organizzare gli eventi dell’allora sindaco. «Io» ha spiegato l’europarlamentare del Pd «non mi occupavo di cose pratiche, erano altri a seguire queste iniziative». Ricci dunque ha mostrato le mani pulite, rispondendo con sorrisi e ributtandosi nella campagna elettorale come se ormai tutte le accuse fossero alle spalle. Peccato che, sentito dal nostro vicedirettore Giacomo Amadori, il presunto responsabile dei soldi facili, ossia Santini, non abbia confermato la tesi dell’ex sindaco, ma anzi abbia lasciato intuire che molte cose nel racconto di Ricci non tornino. Fino a prima del colloquio con il nostro giornale, Santini si era avvalso della facoltà di non rispondere e anche se un’intervista con un giornalista non equivale a un interrogatorio, l’ex collaboratore è stato chiaro, lasciando intendere che la responsabilità dell’europarlamentare andava al di là delle indicazioni generali. Ricci avrebbe conosciuto personalmente alcuni dei protagonisti dell’Affidopoli marchigiana e avrebbe anche beneficiato dell’ospitalità dello stesso Santini in un momento complicato della sua vita privata. 

Dopo aver ascoltato l’ex collaboratore, il nostro Amadori si è rivolto direttamente a Ricci, per sentire che cosa avesse da rispondere, ma il candidato presidente di fronte ai giornalisti si è rifiutato di chiarire, parlando genericamente di fango contro di lui. Ovviamente svicolare e accusare i giornali di calunnie è un’abitudine piuttosto diffusa fra i politici di ogni colore. Tuttavia, ora non c’è solo il colloquio con un giornalista, c’è anche una deposizione lunga 11 ore di fronte ai pm.

Dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere, Santini ha cambiato avvocato, nominando Gioacchino Genchi, legale di lunga esperienza di intrecci con la politica, e ha parlato con i magistrati per un’intera giornata. Dalle indiscrezioni trapelate, avrebbe consegnato le chat intrattenute con l’allora sindaco, ma avrebbe anche ricostruito documentalmente la sua attività a fianco di Ricci e non certo per assumersi la totale responsabilità di quegli affidamenti senza gara. A questo punto, pur rimanendo garantisti, non possiamo che chiedere che l’europarlamentare del Pd chiarisca la situazione. Non si tratta più di rispondere alle frasi raccolte da un giornalista: occorre definire quali fossero davvero i rapporti con Santini e con alcuni dei protagonisti dello scandalo pesarese. Non si può fare campagna elettorale ostentando un no comment. Questo lo sa Ricci, ma lo sanno anche gli alleati del candidato del Campo Largo, i quali dovrebbero essere i primi a pretendere che si faccia luce. Tra meno di due mesi si vota, e gli elettori hanno il diritto di valutare a chi affidarsi. Oppure la chiarezza è necessaria solo se ci si chiama Toti?

Ps. Il Pd delle Marche è sceso in campo ieri con un lungo comunicato in difesa di Ricci. Un testo tanto lungo quanto inconsistente, in cui brillano due sostantivi che configgono: fango e trasparenza. Si accusa chi chiede risposte di alimentare la macchina del fango. Ma basterebbe fornire le necessarie spiegazioni ai quesiti del cronista per ottenere la trasparenza. Il problema è che oggi a intorbidire le acque per evitare di chiarire di chi siano le responsabilità è proprio il candidato del Campo largo.

Autore
Panorama

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