Adriana Asti, addio alla grande attrice di cinema e teatro: da Visconti, Bertolucci e Pasolini a Tinto Brass
- Postato il 31 luglio 2025
- Cinema
- Di Blitz
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L’attrice Adriana Asti è morta stanotte nel sonno, a Roma, all’età di 94 anni. Nata a Milano il 30 aprile 1931 da una famiglia di imprenditori drammaticamente impoverita alla fine della seconda guerra mondiale, educata rigidamente in un collegio di suore tedesche, innamorata di un padre con cui viveva in perenne conflitto, se ne era andata di casa ad appena 17 anni, convinta da Romolo Valli a seguire la compagnia teatrale del “Carrozzone”.
Si sentiva “bruttina” con quel fisico minuto, i capelli scuri tagliati “alla maschietta”, la convinzione di non “saper fare niente, figuriamoci l’attrice”. Ma scoprì presto invece che il teatro era il luogo della sicurezza, il posto in cui improvvisamente la realtà intorno scompariva e c’era solo il conforto delle parole scritte da altri, spesso sublimi e universali. Ha avuto maestri insuperabili fin da giovane: Memo Benassi, Lilla Brignone, poi Romolo Valli che la presentò a Giorgio Strehler e Luchino Visconti.
Alla scuola del “Piccolo” di Milano cominciò a girare anche in Europa, Visconti le offrì i primi ruoli importanti per il cinema con “Rocco e i suoi fratelli” (1958). Ma già nel ’52 aveva debuttato con Strehler a Milano nell'”Elisabetta d’Inghilterra” di Bruckner e poi in tv con Silverio Blasi (“Partita a quattro”) mentre Visconti la scelse nello stesso anno per “Il crogiolo” di Arthur Miller. “Fu proprio Visconti a suggerirmi il ‘movimento alla Duse’, ovvero il gesto di passarsi una mano tra i capelli – raccontava a Walter Veltroni in una celebre intervista – ma io quel trucco l’avevo già imparato da Memo Benassi, un gigante”.

Il sodalizio teatrale con i due grandi registi milanesi durò fino ai primi anni ’70 passando per capolavori di Natalia Ginzburg, Harold Pinter e Pirandello (con le regie di Vittorio Gassmann). Intanto l’amicizia con Pier Paolo Pasolini e il suo giovane allievo Bernardo Bertolucci (di cui sarà la compagna per un decennio) le schiuse la porta del miglior cinema d’autore. Recitò in “Accattone” (1961) di Pasolini, “Il disordine” di Franco Brusati e poi in “Prima della rivoluzione” con cui Bertolucci la consacrò indimenticabile protagonista. Seguirono titoli che hanno segnato una generazione come “I visionari” di Maurizio Ponzi, “Metti una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi, “Ludwig” ancora con Visconti, “Il fantasma della libertà” di Luis Bunuel. Ma Asti non disdegnò il cinema popolare con registi di marcata sensibilità come Flavio Mogherini o Marco Vicario, Mauro Bolognini e Vittorio De Sica (“Una breve vacanza”).
All’inizio degli anni 70 incontrò Giorgio Ferrara durante una tournée in America con “Orlando furioso” di Luca Ronconi e i due si innamorarono legando vita e arte e si sposarono nel 1982: ben più giovane di lei, Ferrara la diresse nel suo film più bello (“Un cuore semplice”, 1977) e poi a teatro in “Trovarsi” di Pirandello. Nel frattempo era diventata anche un volto ormai noto al pubblico televisivo grazie a romanzi sceneggiati di gran successo come “La fiera della vanità” (Anton Giulio Majano), “I Nicotera” (Salvatore Nocita), “Sabato sera dalle nove alle dieci” (Ugo Gregoretti). Nel 1979 ci fu anche la svolta erotica e recitò per Tinto Brass in Caligola.
Benché sia stata una protagonista indiscutibile, versatile e sempre diversa in palcoscenico (basti ricordare il suo sodalizio col Festival dei Due Mondi di Spoleto fin dal celebre “Giorni felici” diretto da Bob Wilson nel 2010 o le collaborazioni con André Ruth Shammah e Luca Ronconi), il cinema l’ha resa protagonista soprattutto grazie all’incontro con Marco Tullio Giordana che la volle per “Pasolini, un delitto italiano” nel 1995 e poi “La meglio gioventù” nel 2003 con cui vinse il Nastro d’argento e il Globo d’oro.
Molto prima, già nel 1974, si era ricordata di lei l’Accademia del David di Donatello con un Premio Speciale nell’anno in cui, grazie a “Una breve vacanza” aveva ottenuto anche il primo Nastro d’argento. Qualche anno fa aveva confessato a Walter Veltroni: “Il futuro lo vedo eterno, a questo punto della vita. I bambini pensano di essere immortali, non pensano mai di essere come quelli che se ne vanno, muoiono. Questo pensiero di essere immortale, siccome io sono ancora molto infantile, ce l’ho sempre”. Oggi, nel ricordarla con l’intimità di un’amicizia diventata profonda specie dopo la scomparsa del marito Giorgio Ferrara due anni fa, Marco Tullio Giordana ricorda: “Quando le capitava di stufarsi in qualche occasione formale con gente pedante e barbosa, Adriana perdeva i sensi e si faceva portare via. Non è un modo di dire, era vero, gliel’ho visto fare. Un po’ mi consola il pensiero che anche stavolta deve essere svenuta perché si stava annoiando a morte”.
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