Adolescenza alla deriva

Adolescenza alla deriva



In Italia quasi due milioni di ragazzini manifestano disturbi neuropsichici e malesseri esistenziali, e il fenomeno è in costante aumento. Ma i reparti specializzati che, negli ospedali, dovrebbero prenderli in carico sono troppo pochi. Così come mancano posti letto e personale preparato.


Siamo al collasso. Letteralmente. L’altro giorno ho dovuto dimettere un sedicenne perché mi serviva il letto. Era ancora fuori controllo, lo abbiamo sedato e con il segno della croce lo abbiamo rimandato a casa». A parlare così è L.D., neuropsichiatra emiliana con un’esperienza ventennale nel servizio pubblico. Le fa eco la cronaca: a Chioggia un ragazzo di 13 anni autistico è stato ricoverato, per oltre un mese e mezzo, nel reparto di psichiatria con gli adulti per assenza di spazi e di organico. Intanto in tutta la Penisola - dalla Sicilia all’Abruzzo, dalla Toscana al Veneto - i medici manifestano per l’adeguamento dei servizi sanitari alla luce di una carenza di personale ormai strutturale, che non riesce più a far fronte all’esponenziale aumento dei casi.

I dati del resto parlano chiaro. In Italia quasi due milioni di bambini e ragazzi sotto i 17 anni sono colpiti da disturbi neuropsichici, e in meno di 10 anni sono raddoppiati gli utenti seguiti dai servizi sanitari. La Società italiana di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza denuncia come al moltiplicarsi delle patologie non corrisponda un allineamento del sistema: scarseggiano neuropsichiatri specializzati nella cura (e ne vengono formati troppo pochi rispetto alle esigenze) e posti letto nelle strutture. Sono solo 395 su tutto il territorio nazionale a fronte di un fabbisogno di almeno 700. In Sicilia, per citare un caso tra i tanti, l’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale nel reparto di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ha solo 10 posti letto, quasi sempre tutti occupati.

Appare ancora più allarmante la recente indagine di Telefono Azzurro, che ha evidenziato una preoccupante tendenza tra i giovani italiani: il 21 per cento si sente ansioso e la metà vede il futuro come incerto e oscuro. Solo 4 adolescenti su 10 hanno ammesso di essersi sentiti felici nelle ultime due settimane. «I ragazzi di oggi sono più consapevoli rispetto al passato del loro disagio, e cercano delle risposte. Vogliono sostegno da parte delle famiglie, della scuola e anche degli specialisti. Sanno bene che il mondo digitale sta trasformando le loro vite, tanto attraverso i social quanto i gaming, ma spesso non riescono a valutarne appieno le conseguenze e si sentono spaesati in un universo che non garantisce che uno sparuto numero di punti di riferimento» commenta Ernesto Caffo, psichiatra e presidente di Telefono Azzurro.

Al primo posto, tra i problemi denunciati, c’è la dipendenza da internet e social media (52 per cento), la scarsa autostima (41 per cento), la difficoltà nelle relazioni con gli adulti (40 per cento), e a seguire ansia e attacchi di panico (30 per cento). «Viviamo in un tempo in cui le patologie cambiano rapidamente, mentre spesso le teorie e le pratiche cliniche non si evolvono» afferma Giorgio Nardone, pedagogo e psicoterapeuta, fondatore del Centro di Terapia strategica. «Fra i vari sentimenti che colonizzano gli animi dei nostri ragazzi c’è la paura, che sovente non riesce a essere canalizzata e neanche tradotta in parole. Si tratta di un sentimento in grado di farsi patologia durante l’adolescenza, quando i timori diventano fobie». Come la dismorfofobia (la preoccupazione cronica e immotivata per un presunto difetto fisico), oppure la «Fomo» (Fear of missing out): «Ovvero l’ansia sociale di essere esclusi da esperienze ed eventi, legata a internet e al flusso costante di informazioni che transitano sui social e sulle vite degli altri» spiega Nardone, che ha dedicato al tema il suo ultimo saggio, Il libro delle fobie e la loro cura (Ponte alle Grazie).

I dati confermano anche in Italia la tendenza evidenziata da Unicef dopo la pandemia, secondo cui un minore su sette è affetto da disagi psichiatrici. A oggi nel nostro Paese il 70 per cento dei pazienti trattati da neuropsichiatri infantili è sotto i 18 anni, con il 40 per cento delle patologie che coinvolgono il sistema nervoso. «Solo il 20 per cento delle persone soffre di una fobia a seguito di un evento traumatico, spesso invece è legata a un disagio che si cronicizza. Ed è per questo che servono strategie, non di rado creative, per trovare una soluzione e aiutare il paziente prima che si disamori» aggiunge Nardone. Non è forse un caso che - sempre secondo il Telefono Azzurro, promotore della guida finalizzata al sostegno E Tu, Stai Bene con te? - molti potenziali giovanissimi pazienti siano riluttanti a cercare aiuto professionale, con solo il 39 per cento che vede utili i colloqui con uno psicologo e il 22 per cento che preferirebbe modalità anonime come le chat.«Non dimentichiamo che chi lavora nel servizio pubblico non è sottoposto ad alcun controllo, al contrario di quello implicitamente messo in atto nel mercato del lavoro, dove viene premiato solo chi sa aiutare le persone. Bisognerebbe» prosegue Nardone «imparare a curare meglio, mettendo in atto le terapie psicologiche adeguate al soggetto e alle sue necessità, evitando di sposare una teoria come una religione».

Numerose criticità sistemiche e culturali rendono difficile una diagnosi precoce e un intervento tempestivo. Esemplificativo il caso di Marco T., 15enne laziale arrivato al Pronto soccorso dopo aver tentato il suicidio: «Volevo ammazzarmi. Ci avevo già provato due volte, ma nessuno si era accorto di niente. Ero sprofondato in una depressione da cui a fatica sto riemergendo. Nessuno sembrava interessato a me». Le chiamate d’emergenza al Telefono Azzurro sono cresciute significativamente: oltre 1.400 casi di problemi di salute mentale gestiti nel 2022, soprattutto per disagio emotivo, pensieri suicidari e autolesionistici. Anche il conflitto in Medio Oriente ha influito negativamente acuendo i sentimenti di rabbia, tristezza e smarrimento. «Oggi fra i ragazzi, nonostante le tempeste che stanno attraversando fra ansie e preoccupazioni, c’è comunque una grande attenzione a ciò che li circonda e una straordinaria voglia di futuro. I giovani parlano dei loro disagi perché vogliono essere ascoltati, desiderano conforto e comprensione, sperano di trovare supporto al loro disagio» conclude Caffo. È una nostra responsabilità tendere loro una mano prima che sia troppo tardi. E magari queste sofferenze vengano agite, contro sé stessi o contro gli altri.

Continua a leggere...

Autore
Panorama