Addio a Robert Redford, il fuorilegge elegante che ha riscritto l’anima del cinema americano
- Postato il 16 settembre 2025
- Di Panorama
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Robert Redford se n’è andato così, in silenzio, lasciando un vuoto che sembra difficile da riempire. Sullo sfondo, l’America rurale del suo rifugio nello Utah: nessuna uscita di scena teatrale, nessun addio da vecchia gloria, solo la coerenza discreta di chi, sotto la luce dei riflettori, si è sempre portato dietro quel filo di malinconia da ragazzo californiano degli anni Cinquanta. Eppure raccontare Redford significa attraversare la storia del cinema americano, ma anche qualcosa di più, come entrare in una stanza piena di ricordi e non riuscire a contarli tutti. Negli occhi di chi lo ha amato c’è ancora il sorriso sornione di Sundance Kid; nelle mani degli attori di oggi, il coraggio di chi osa diventare regista, produttore, innovatore.
Dalla lunga gavetta tra teatro newyorkese e serie tv del piccolo schermo, fino al trionfo internazionale negli anni Settanta, Redford non ha mai smesso di sorprendere. Dalle storiche collaborazioni con Paul Newman agli omaggi al romanzo americano più malinconico, ha lasciato il segno in ogni genere, cambiando volto e restando sempre se stesso. E mentre Hollywood rincorreva mode, premi, e blockbuster, lui esplorava altri mondi: Sundance, il festival, la regia, l’impegno civile. A dispetto del successo, ha continuato a difendere la dignità della narrazione, il diritto degli outsider e la poetica della semplicità. La sua è una leggenda che non si lascia ridurre ai numeri né agli Oscar – è fatta di sguardi bassi, personaggi fragili e sogni che sembrano rotti, e invece resistono ancora.
Butch Cassidy (1969)
Il giovane e carismatico Sundance Kid, interpretato da Redford, è l’ombra perfetta al carismatico Butch Cassidy di Paul Newman. In questo western rivoluzionario, tra scenari desertici e sparatorie da leggenda, Redford imprime un’ironia sottile e una malinconia profonda, incarnando un fuorilegge con l’anima di un poeta. Il film decostruisce il mito del western classico con uno sguardo fresco, ironico e umano, fissando un modello di eroe anticonvenzionale che ancora oggi emoziona.
La stangata (1973)
In una Chicago degli anni ’30, Johnny Hooker (Redford) è un truffatore abile ma ingenuo, che si ritrova in un groviglio di pericoli quando l’amico viene ucciso per una truffa involontaria al potente boss Doyle Lonnegan. Per vendicarsi, cerca aiuto nell’astuto Henry Gondorff (Paul Newman), maestro del raggiro ritirato dalle scene. Insieme architettano una truffa complessa e sapiente, fatta di inganni e colpi di scena, in cui l’abilità nel gioco del doppio e della fiducia si intreccia con veri rischi di vita. Film dalla scrittura brillante e dalla tensione crescente, è una celebrazione dell’intelligenza sopra la violenza e dell’alleanza tra outsider, che ha valso al film sette Oscar.
Tutti gli uomini del presidente (1976)
Redford diventa Bob Woodward, uno dei redattori del Washington Post che insieme a Carl Bernstein (Dustin Hoffman) smascherano lo scandalo Watergate, scardinando uno dei regimi più potenti della politica americana. Il film è un esempio magistrale di giornalismo d’inchiesta trasposto sul grande schermo, un thriller politico dove la tensione è alimentata dalla ricerca della verità e dalla lotta per la giustizia. Il volto composto di Redford incarna la determinazione etica e il coraggio personale che hanno fatto la storia.
I tre giorni del Condor (1975)
Un clima di paranoia pervade questo thriller politico dove Redford è un analista della CIA la cui vita viene stravolta da un complotto mortale. Fuggito da perseguitori invisibili, si muove con destino incerto dentro una trama fitta di tradimenti e misteri. La sua interpretazione è un perfetto equilibrio tra vulnerabilità e risolutezza, in un film che racconta l’angoscia e la sfiducia di un’America alle prese con le proprie ombre più profonde.
La mia Africa (1985)
Lontano dal ritmo frenetico dei thriller, Redford regala delicata eleganza al cacciatore di bufali Denys Finch Hatton, uomo affascinante e libertino che intreccia una storia d’amore con l’intrepida agronoma Karen Blixen (Meryl Streep). Il film è un’affresco struggente della natura africana e delle passioni umane, sospeso tra la bellezza selvaggia dei paesaggi e il delicato intreccio tra libertà e legami affettivi.
Come eravamo (1973)
Redford è Hubbel, uomo idealista ma pragmatico nel contesto turbolento dell’America postbellica, opposto alla passionalità e agitazione politica di Ellie, interpretata da Barbra Streisand. La pellicola è un’intensa riflessione sul tempo che cambia, sulle scelte e sui compromessi che segnano le vite di due persone profondamente diverse, con un mix di nostalgia e amarezza che la rende un classico intramontabile delle storie d’amore sul grande schermo.
Il grande Gatsby (1974)
Come Jay Gatsby, Redford incarna il sogno americano nella sua forma più fragile e splendida. Tra feste sfarzose e undercurrent di tragedia, Gatsby è il milionario misterioso intento a inseguire un passato idealizzato, ma destinato all’inevitabile disillusione. Redford restituisce un personaggio enigmatico e romantico, il simbolo di un’epoca e di un sogno che si sgretola sotto il peso delle apparenze.
Gente comune (1980, regia)
Al suo esordio da regista, Redford racconta la storia di una famiglia che affronta la tragedia e il dolore con una delicatezza e realismo tanto profondi quanto commoventi. Il film esplora la fragilità e la forza umana, riflettendo sul senso della perdita e dell’amore che resiste anche nelle avversità. Con uno sguardo empatico e una regia misurata, Redford conquista l’Oscar per la miglior regia, consacrandosi anche dietro la macchina da presa.
Proposta indecente (1993)
Un miliardario ambiguo e affascinante (Redford) fa a una giovane coppia una proposta che mette in crisi ogni certezza morale e affettiva: una notte con la donna in cambio di un milione di dollari. Il film esplora con toni amari e sensuali i confini dell’amore e del desiderio, la fragilità dei rapporti umani sottoposti a dure prove. Redford dà vita a un personaggio magnetico, in cui carisma e inquietudine si intrecciano in modo irresistibile.
L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998, regia e attore)
Redford dirige e interpreta una storia poetica e intima, dove la natura e l’umanità si incontrano nel percorso di guarigione di una giovane donna traumatizzata. Il film è un inno alla bellezza del silenzio, alla potenza del legame tra uomo e animale, e alla capacità di ritrovare sé stessi attraverso il rispetto e l’amore. Un’opera che conferma la sua maturità artistica e il suo talento nel raccontare emozioni autentiche con delicatezza.