Addio a Renato Casaro, il pittore del cinema che disegnò con pennello e aerografo l’immaginario di milioni spettatori
- Postato il 4 ottobre 2025
- Cinema
- Di Il Fatto Quotidiano
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Probabile che per molti lettori la memoria di un film sia un frammento fisso, un disegno, una di quelle locandine create dalla mano di un pittore. Pensate a Rambo con Stallone truce che imbraccia un mitra. Balla coi lupi dove una mano malandrina traccia due segni bianchi e rossi sulla gota di Kevin Costner; ma anche le tre carte di Il Buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone stampigliate su sfondo bianco ad altezza irregolare o Terence Hill trainato e sonnecchiante in Lo chiamavano Trinità. Ebbene queste iconiche locandine le ha disegnate Renato Casaro che il 30 settembre scorso, ad 89 anni, ci ha lasciato.
Con Casaro si chiude probabilmente l’ennesimo capitolo di un’epoca in cui il genio artigianale ha dato senso ed estetica al cinema come fenomeno di massa. Casaro ha composto per oltre 50 anni con pennello e aerografo migliaia di manifesti di film che hanno riempito i box office italiani di altrettanto mezzo secolo. Nei primi anni cinquanta Casaro nemmeno diciottenne per infilarsi a vedere qualche film al cinema Garibaldi di Treviso in cambio disegna una locandina dell’opera da esporre fuori in vetrina.
Il successo è dietro l’angolo e Casaro si trasferisce a Roma, come fosse un artigiano da bottega apprende da altri maestri dell’illustrazione, ispirandosi ad ogni modo a Norman Rockwell, si mette in proprio e nel 1965 raggiunge il successo internazionale componendo tutto il kit, poster e locandine, di La Bibbia di John Huston. Da lì è un fiume in piena, quantitativamente morriconiano, qualitativamente inimitabile e inesausto, locandine per Bertolucci, Monicelli, Zeffirelli, Coppola, Besson fino al recente incontro con Tarantino. Casaro ha disegnato per le masse il cinema prima (e dopo) il film visto in sala, lasciando una traccia indelebile, spesso sostituitasi ai frammenti di pellicola stessa, anche perché il disegno della locandina non è praticamente mai stato un frammento del film ma una rielaborazione personale dell’artista veneto.
Per capire come fosse lavorare anche solo fino agli anni ottanta nel mondo del cinema, Casaro una volta raccontò un aneddoto su Bud Spencer e Terence Hill. Il disegnatore aveva un rapporto diretto con loro, nemmeno con la produzione, proprio con i due attori: “avevo colto il loro pensiero, il loro stato d’animo”, spiegò. Ecco perché i suoi cartelloni, le sue pennellate spesso giocose, talvolta cupe o addirittura stilizzanti, richiamano, evocano, lo spirito di un film o addirittura dei protagonisti/attori stessi. “è un amore viscerale quello per il cinema”, disse una volta a Panorama. “Questa mia professione è una forma d’arte pura e popolare. I nostri manifesti tappezzavano le strade come un museo all’aperto. Più arte di questa”.
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