Addio a Mauro Del Corno, la famiglia del Fatto Quotidiano in lutto
- Postato il 2 agosto 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Mauro Del Corno non c’è più. Il nostro collega e amico è morto improvvisamente a 53 anni durante una vacanza a Samarcanda con la compagna Valeria e il figlio Alessandro. Giornalista economico sui generis, Mauro era arrivato al Fatto Quotidiano nel 2020 dopo una lunga esperienza a Radio24. Prima a Sono le Venti, l’approfondimento giornalistico di Peter Gomez, poi nella piccola-grande-inaffondabile famiglia de ilfattoquotidiano.it.
In questi cinque anni al Fatto ha scritto di mercati e grande finanza, di petrolio, di Russia, di lavoro e di capitale, sempre lasciando il segno. Il piglio etico, la critica alle distorsioni della finanza e le ingiustizie del capitalismo erano la cifra di ogni sua cronaca. Onnivoro e bonario, riservato quanto pungente, Mauro era allergico all’idea del cronista-macchina. Incarnava al contrario l’idea del giornalista che non crede alla neutralità delle parole e non fa niente per nasconderlo.
Inattesa, ingiusta, improvvisa, la sua morte lascia un senso di vertigine. Alla sua famiglia e ai suoi cari l’abbraccio affettuoso di tutti noi.
IL RICORDO DEI COLLEGHI
“Raghashish, ci vediamo domani”. Nella routine sempre uguale di quelle famiglie chiamate redazioni ogni gesto che si ripete diventa un rito. E il saluto di fine giornata di Mauro, quel saluto un po’ cazzone, rito lo era diventato subito, dopo pochi mesi dal suo arrivo. Mauro, così fuori dagli schemi, così diverso, dai ritmi tutti suoi, con quella espressione tra lo svampito e l’annoiato che in realtà serviva a coprire idee ed etica granitiche, molto più delle mie. Quindi capitava di infervorarsi, di litigare perché io sono molto elastico, lui per nulla, almeno su alcuni temi. Aveva ragione lui: su certe cose non possono esserci mezze misure, Mauro me lo ha insegnato con i suoi mugugni e i suoi messaggi su whatsapp. La nostra chat, che fino a ieri era un porto franco contro il politicamente corretto, in cui poter parlare di tutto, senza i filtri del “conviene dire così” che per noi, nati negli anni ’70, non sono mai facili da applicare, mai automatici. Era il nostro nascondiglio, quello in cui gli confessavo che la sera prima gli avevo fregato un tocco di cioccolato fondente, che nel suo cassetto non mancava mai. Ciao amico mio, grazie per avermi insegnato che non va bene tutto.
Pierluigi Giordano Cardone
Ciao Maurone, non so nemmeno perché mi sto rivolgendo a te. Dicono faccia bene, un po’ come i funerali: si chiude un cerchio, si permette al dolore di fare il suo corso e di approdare a una sorta di stazione. Che sia il capolinea, non lo so. Non so nemmeno se funzioni; in questo momento non so proprio nulla. Dicono anche che resti una traccia, delle persone che muoiono. Spirituale, materiale. Io ora ti vedo, come ogni giorno, seduto alla tua scrivania di fronte alla mia, ma mi domando se ti vedrò ancora tra un anno, dieci, venti. Intanto mi porto via ciò che abbiamo condiviso: la letteratura, la filosofia, l’indignazione e certi segni del sole sulla pelle. Tengo con me il tuo fermacarte a forma di surf, sono sicuro ti vada bene. Un abbraccio grande come il mondo a te, Valeria e Alessandro.
Alberto Marzocchi
Un libro da consigliare, una notizia di scienza da suggerire, un confronto duro sulla politica estera. E poi quanto mi facevi incazzare quando guardavi le ballerine oppure il mio enorme piatto di pasta e dicevi: “Ma si può?”. Oggi vorrei poter litigare con te su tutto: Gaza, scarpe, carboidrati o Il capitale e invece ho un chiodo nella tempia sinistra da quando ho saputo. Il dolore che ci colpisce è più soffocante perché inatteso. Un abbraccio enorme a chi ti amava e anche quelli con cui litigavi
Giovanna Trinchella
Mauro mi raggiungeva spesso alla mia postazione per spulciare nella mazzetta dei giornali che di solito vengono depositati di fianco al mio PC. E da lì, in pochi secondi, ogni pretesto era buono per iniziare a scherzare sulla notizia del giorno, sugli inserti del lusso che arrivavano in redazione e facevano inevitabilmente sfociare il dibattito nel consueto e sarcastico manifesto anticapitalista. “Mauro che giornale sei venuto a pescare oggi?”. “Ma niente guarda, ormai mi occupo solo di calciomercato”, diceva lui, rivendicando la riscoperta di letture storia antica, di personaggi assurdi, di teorie anacronistiche. Di cui lui parlava, stupendoci, da appassionato. Poi tornava a scrivere di economia, trovando dei tagli originali e inaspettati su notizie che, tendenzialmente, potevano passare inosservate. Non riesco a credere a quello che è successo. Quando vedrò la tua postazione, allora sarò senza parole.
Eleonora Bianchini
Avevo già incrociato Mauro nella mia esperienza al Sole24Ore, per poi ritrovarlo al Fatto Quotidiano quando, cinque anni fa, è approdato in redazione. Mauro aveva lo sguardo aperto, limpido, esattamente come era il suo modo di scrivere. Gentile, schivo e riservato non dimostrava i suoi 53 anni. Mancherà il suo sorriso così come il suo sguardo pulito sul mondo. Che la terra ti sia lieve e dovrà esserlo per forza perché un addio così improvviso e inaspettato ci ha lasciato tutti profondamente sgomenti
Monica Belgeri
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