Acqua rubata, in Italia sono migliaia gli allacci abusivi, indagini e denunce da Palermo a Torino
- Postato il 8 giugno 2025
- Di Panorama
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In Italia l’acqua si disperde non solo per colpa delle infrastrutture arrugginite e delle reti colabrodo. Una ragnatela di furbetti, con la complicità, a volte, di chi dovrebbe controllare e con la disinvoltura di chi si sente impunito, drena la risorsa verso rubinetti abusivi. L’Istat stima che circa il 5 per cento dell’intera portata idrica venga risucchiata in un buco nero. E i dati delle statistiche giudiziarie lo confermano: le denunce, ogni anno, sono decine di migliaia.
E non ci sono Procure esenti. Il cuore nero di questo sistema pulsa nel Lazio. Basso litorale romano, tra Anzio, Nettuno e Aprilia. Qui, a leggere gli atti di una indagine della Guardia di finanza, l’acqua pubblica era diventata un affare privato. A orchestrarlo sarebbe stato un impiegato di Acqualatina Spa, uno che si faceva chiamare «il dottore dell’acqua». Con una carriera parallela, illegale, ma ben organizzata. Bastavano poche centinaia di euro (da 200 a 1.500) per ottenere l’allaccio diretto alla rete idrica, senza passare dai normali canali. O per azzerare i consumi dei contatori, come per magia. Per gli investigatori sarebbero almeno 28 gli episodi documentati: decine di contatori truccati con manipolazioni di ogni tipo. In 43, tra cui quattro dipendenti della società oltre al «dottore», sono finiti sotto inchiesta. Ma non è un caso isolato. La mappa degli abusi idrici in Italia è un atlante dell’assurdo. Un diario criminale che racconta di piscine riempite illegalmente, di famiglie intere collegate abusivamente a una fontanella, di boss della ’ndrangheta che rubano l’acqua con la complicità del Comune. Succede in Sicilia, a Pedara, ai piedi dell’Etna.
Una donna di 47 anni aveva trasformato la sua villa con piscina in un’oasi alimentata da un allaccio abusivo. Aveva rotto i sigilli del contatore, bypassato le forniture bloccate per morosità e allacciato direttamente la casa alla rete pubblica. Un furto sistematico, quotidiano, per un valore stimato in 40 mila euro. Quando i carabinieri hanno fatto irruzione l’acqua scorreva a pieno ritmo. Un’oasi illegale in un territorio dove migliaia di famiglie fanno i conti con le interruzioni programmate.
Più a ovest, a Palermo, la scena è ancora più paradossale. Quartiere Capo, centro storico. Un groviglio di tubi colorati serpeggia tra i vicoli. Parte da una fontanella pubblica e finisce dentro 40 abitazioni. Tutti allacci abusivi. Tutti fuori contratto. Tutti documentati da un video diventato virale. L’amministratore unico di Amap, l’azienda che gestisce il servizio idrico integrato, Giovanni Sciortino, ha dichiarato guerra agli abusivi: «Abbiamo verificato che chi si avvale di allacciamenti illegali fa un uso dell’acqua sconsiderato, poco parsimonioso». Le criticità, sebbene riscontrate anche in normali contesti residenziali, caratterizzano soprattutto i complessi di edilizia popolare gestiti dai Comuni o dall’Istituto autonomo delle case popolari. Casi che Amap sta cercando di gestire con il supporto delle amministrazioni comunali e della Prefettura.
In Calabria, la situazione sfiora il grottesco. A Petilia Policastro, i carabinieri hanno messo i sigilli a un autolavaggio. Non aveva né contatore, né depuratore. Prelevava l’acqua dalla rete pubblica, senza pagare un euro, e la scaricava direttamente nelle fogne. Il titolare è stato denunciato, l’impianto chiuso. Ma è a Casabona, sempre in Calabria, che l’acqua pubblica è finita gratis dritta al quartier generale di un presunto boss. La scoperta è contenuta nel fascicolo di una maxi-inchiesta ribattezzata «Nemesi» dal procuratore di Catanzaro (facente funzioni) Vincenzo Capomolla. Carlo Mario Tallarico detto «u Sciubbu» poteva contare su un allaccio abusivo per il suo cementificio. A coprirlo, secondo gli inquirenti, c’erano il sindaco dem dell’epoca Francesco Seminario (ora ex sindaco) e un dipendente del consorzio Congesi, che gestisce il servizio idrico integrato in 14 Comuni della provincia di Crotone. Mentre un addetto della Sorical, la società della Regione che distribuisce l’acqua ai comuni calabresi, avrebbe suggerito ai Tallarico come fare per evitare le sanzioni da furto idrico.
Una sorta di cupola idrica che garantiva il bene pubblico a un personaggio descritto come il reggente del clan. A poca distanza, in località Capocolonna, il Consorzio di bonifica ha scoperto il tentativo di riempire un laghetto privato con l’acqua pubblica. La denuncia è arrivata dalle pagine social del Consorzio tramite un video: «Non c’era contatore né contratto ed è stata consumata un’enorme quantità di acqua togliendola agli agricoltori che stanno facendo i conti con la siccità». Con l’intervento dei carabinieri sono scattate le denunce, che nell’ultimo anno sono arrivate a quota 650. In Sardegna, invece, un maldestro tentativo di furto d’acqua ha creato un guasto che ha tenuto a secco Bolotana, Lei e Silanus. La condotta sulla quale gli ignoti furbetti sono intervenuti presentava pressioni altissime e difficili da gestire. Il getto d’acqua verso l’alto era visibile a chilometri di distanza. Durante il sopralluogo è saltata fuori una tubatura in polietilene nascosta tra le rocce e la vegetazione. C’erano anche tutte le attrezzature per le connessioni. In Piemonte, lo scorso febbraio, i carabinieri forestali hanno scoperto un furto d’acqua a Valdilana, dove un agricoltore irrigava i propri terreni a spese dei contribuenti.
In Molise il fenomeno degli allacci abusivi è stato anche al centro di un infuocato consiglio regionale. Il presidente Francesco Roberti ha definito Molise Acque un «malato sul lettino che ha bisogno di un defibrillatore» per cui «serve un percorso virtuoso di recupero delle somme che ha speso per le forniture». E ha invitato a scovare i fuorilegge. Il caso limite, però, arriva da Vasto, in Abruzzo. Qui i furti d’acqua devono essere stati così frequenti che il sindaco Francesco Menna si è visto costretto a lanciare un appello pubblico: «Aiutateci a capire dove si annidano gli abusi». Un’ammissione di impotenza. E ha chiesto ai cittadini di diventare spie, di trasformarsi in sentinelle. E, così, Menna ha piazzato una cassetta delle lettere per le delazioni anonime. Perché il fenomeno è difficile da estirpare. Ed è presente soprattutto dove si verificano occupazioni abusive degli alloggi. Gli ultimi casi: Tor Bella Monaca, Ferentino, Porto Empedocle, Maddaloni, Tivoli. Non si tratta di singole deviazioni, ma di un sistema. Un sistema che prospera nella debolezza delle istituzioni.