Accordi di Abramo, l’ora di Damasco: dialogo diretto tra Siria e Israele
- Postato il 26 giugno 2025
- Di Panorama
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Siamo vicini a una svolta in Medio Oriente? Martedì, il consigliere per la sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi, ha confermato che lo Stato ebraico è in contatto quotidiano con il governo di Damasco in vista di una possibile normalizzazione delle relazioni diplomatiche.
“C’è un dialogo diretto e quotidiano a tutti i livelli tra Israele e il regime in Siria. Lo conduco insieme ai funzionari politici locali”, ha dichiarato Hanegbi, precisando che anche il Libano potrebbe entrare negli Accordi di Abramo. Il consigliere per la sicurezza nazionale non ha poi escluso che, in caso di normalizzazione con Damasco, l’Idf possa ritirarsi da alcune delle zone cuscinetto presenti in territorio siriano. “Non ci ritireremo dall’Hermon siriano”, ha comunque chiarito, per poi concedere una (parziale) apertura di credito nei confronti dell’attuale leader siriano Ahmed Al-Sharaa. “Stiamo valutando la questione. Sharaa si sta plasmando man mano che le cose vanno avanti”, ha precisato. L’esistenza di contatti tra Israele e Siria è stata confermata, mercoledì, dallo stesso Sharaa.
Ora, premesso che il processo diplomatico è ancora in fieri, il fatto stesso che si stiano tenendo dei contatti in vista di un’eventuale normalizzazione tra Gerusalemme e Damasco è un fatto molto significativo. Nonostante avesse espresso grande soddisfazione per la caduta di Bashar al Assad l’anno scorso, Benjamin Netanyahu ha sempre nutrito notevole diffidenza verso Al-Sharaa per il suo passato jihadista, oltre che per la sua vicinanza ai Fratelli musulmani e alla Turchia. Quando a maggio Donald Trump, su input di Riad e Ankara, aveva allentato le sanzioni all’attuale regime di Damasco, il premier israeliano non ne era rimasto troppo contento. Adesso invece sembra in corso un (seppur cauto) disgelo tra lo Stato ebraico e la Siria. Che cosa sta succedendo?
Innanzitutto l’ulteriore indebolimento dell’Iran sta contribuendo a rilanciare la logica degli Accordi di Abramo. Sotto questo aspetto, sono i sauditi che stanno giocando un ruolo chiave. Quei sauditi che, guarda caso, oltre a essere stretti alleati di Donald Trump, intrattengono solidi rapporti sia con Israele che con il nuovo regime di Damasco. È quindi piuttosto probabile che Riad si stia impegnando nell’avvicinare la Siria allo Stato ebraico.
In secondo luogo, è verosimile ipotizzare che la Casa Bianca stia tentando di cooptare la Turchia nel sistema degli Accordi di Abramo. È d’altronde improbabile che Al-Sharaa stia tenendo dei contatti con Gerusalemme senza l’assenso di Recep Tayyip Erdogan: quello stesso Erdogan che, negli ultimi mesi, si è notevolmente avvicinato tanto a Riad quanto a Washington. Questo significa che, forse, il presidente turco – nonostante permanga significativa distanza sulla questione di Gaza – sta iniziando a considerare l’eventualità di un (magari anche solo parziale) miglioramento dei rapporti con lo Stato ebraico. Uno scenario, quest’ultimo, che, se si verificasse, rappresenterebbe una vittoria diplomatica tanto per Trump quanto per l’Arabia Saudita.