“Abbiamo stipendi solo per i prossimi 3 mesi”: mail di Unicef allo staff dopo lo smantellamento di UsAid. Dall’Ucraina alla Norvegia, ecco chi ha già chiuso
- Postato il 24 febbraio 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Cari colleghi, come molti di voi sapranno un nuovo ordine esecutivo emesso dal Presidente Trump il 24 gennaio ha stabilito entro 90 giorni una completa revisione dei programmi di assistenza estera degli Stati Uniti. Questa situazione imprevista ha inevitabilmente causato ansia e confusione tra molti di voi e tra i partner. Voglio rassicurarvi che stiamo adottando tutte le misure possibili per limitare l’impatto di queste nuove politiche sui bambini che aiutiamo e sul nostro personale”. L’incipit è di una mail inviata il 1 febbraio della quale Ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso. Oggetto: “Misure precauzionali immediate”. Il mittente è Regina De Dominicis, direttore Unicef per l’Europa e l’Asia Centrale dell’Unicef, e viene inviata a dipendenti e collaboratori. L’agenzia Onu, come altri enti delle Nazioni Unite, ong e associazioni del terzo settore, lancia l’allarme sulla decisione della nuova amministrazione americana di congelare i fondi UsAid (United States Agency for International Development), la più grande macchina al mondo di assistenza allo sviluppo all’estero (e soft power americano), che ha fornito il 42% di tutti gli aiuti umanitari mondiali monitorati dall’Onu nel 2024. Non solo: ora verranno licenziati anche 1600 dipendenti e tutto il personale, tranne una parte minima, è stato messo in congedo. Parliamo di migliaia di posti di lavoro, visto che – tra assunzioni dirette e indirette in Usa e all’estero – sono circa 13mila le persone alle dipendenze dell’agenzia. L’obiettivo finale è quello di salvare solo 300 posti. I primi beneficiari dell’ente che Trump sta già attivamente smantellando sono Ucraina, Etiopia, Giordania, Congo, Nigeria, Siria e Libano, con un focus particolare – emerge nel documento di bilancio 2025 – su progetti che riguardano fame e cambiamento climatico. Ma anche programmi relativi agli ospedali nei campi profughi thailandesi, bonifica delle mine antiuomo nelle zone di guerra e fornitura di farmaci per curare milioni di persone affette da malattie come l’Hiv. L’intenzione della nuova amministrazione americana di smantellare UsAid è inscalfibile: il segretario di Stato Marco Rubio l’ha definita un’organizzazione criminale e anche Trump e Musk – mente del dipartimento per l’efficienza burocratica – l’hanno accusata di essere un “covo di radicali lunatici” e di finanziare progetti contrari ai valori del Make America Great Again, dai diritti civili e lgbtq+ fino a media liberali. Da ministro della sanità, Kennedy Jr l’ha addirittura bollata come un “propagatore di totalitarismo”.
L’obiettivo del commissariamento è di privarla della sua indipendenza e portarla sotto il controllo del Dipartimento di Stato, mantenendo in servizio meno di 300 dipendenti degli oltre 10mila. Nel frattempo, tanti progetti e agenzie Onu che si occupano di progetti umanitari si trovano alle prese con l’incertezza della prosecuzione delle loro attività. “La maggior parte degli uffici interessati sarà in grado di pagare gli stipendi per i prossimi 3 mesi”, ma ci sono casi in cui la garanzia è inferiore a questo lasso temporale, si legge ancora nella mail di De Dominicis. Le conseguenze: blocco di nuovo personale, congelamento del reclutamento esterno, stop ai viaggi internazionali fatta eccezione per le emergenze. “La partecipazione a conferenze ed eventi internazionali e regionali sarà limitata a 3 membri dello staff in rappresentanza dell’organizzazione; gli incontri regionali e globali saranno limitati a un incontro dal vivo all’anno e il resto sarà virtuale”, si legge ancora. E chi gestirà la ristrutturazione degli uffici studierà come risparmiare, anche tagliando progetti già in corso. In più viene richiesto a ong e partner di “diversificare le fonti di finanziamento” e, comunque vada, sarà “più che mai fondamentale dimostrare il valore degli investimenti per ogni bambino, in ogni contesto. Sono tempi difficili, ma restiamo determinati ad andare avanti con realistico ottimismo”.
Le prime conseguenze del congelamento – Su quante persone impatterà l’ordine esecutivo tra agenzie Onu e terzo settore è difficile da prevedere. Di certo, ci sono già associazioni e ong che pagano con tagli reali e conseguenze pesantissime. In Ucraina tanti progetti a sostegno dei veterani, dei media locali e dell’assistenza sanitaria hanno ricevuto l’ordine di fermarsi e gli enti più piccoli sono già stati costretti a chiudere. Norsk Folkehjelp, organizzazione norvegese che è uno dei riferimenti globali in materia di sminamento, ha già licenziato 1.700 persone in 12 Paesi su un totale di 3.200: il congelamento da parte di UsAid corrisponde infatti alla perdita di circa il 40% dei finanziamenti dell’ong, visto che Washington è il primo donatore del settore. A pagarne le conseguenze più pesanti, dicono dalla ong, sono “bambini, agricoltori e comunità locali colpite dalle mine”. Guardando dall’altra parte del mondo, diversi rifugiati birmani nei campi in Thailandia e in Myanmar – dove quasi un terzo della popolazione fa affidamento sugli aiuti umanitari, con almeno 3,5 milioni di sfollati interni da febbraio 2021 – sono già morti: tra le prime, Pe Kha Lau, 71 anni, dipendente dall’ossigeno, che a causa del blocco dei fondi è stata dimessa da una clinica finanziata da UsAid. Stesso destino per altri pazienti come lei nel campo di Umpiem Mai. Gli Stati Uniti sono il più grande donatore del Myanmar, e spendono circa 200 milioni di dollari all’anno nel Paese, di cui 40 impiegati in progetti sanitari. In Sudamerica, migliaia di migranti sono stati bloccati tra il Messico e la Colombia. E le autorità di Bogotà hanno annunciato una necessaria ristrutturazione dei meccanismi di assistenza ai migranti venezuelani in fuga dalla crisi economica e sociale. “Negli ultimi anni, il divario tra i bisogni umanitari e i finanziamenti disponibili è più che triplicato, passando da 8,3 miliardi nel 2016 a 26,1 miliardi nel 2024. La decisione degli Stati Uniti potrebbe innescare una reazione a catena, spingendo altri donatori a ridurre il proprio impegno e lasciando milioni di persone senza alcuna forma di assistenza”, ha dichiarato in una nota Cesvi, che da 40 anni opera nelle zone più povere del mondo. Nonostante un giudice federale americano abbia ordinato la sospensione del blocco per gli aiuti umanitari, Cesvi – come le organizzazioni colpite dall’ordine esecutivo – ha comunque sospeso attività e tagliato il personale, vista l’assenza di garanzie sul futuro. Già stoppati infatti i progetti per le comunità colpite dalle alluvioni in Pakistan e tagliati circa 40 collaboratori. “Sul lungo termine – prosegue l’associazione -, l’impatto della decisione di Trump non è attualmente quantificabile. Il sistema della cooperazione internazionale e dell’aiuto umanitario è a rischio di tenuta, considerato il fatto che gli Stati Uniti forniscono oltre il 42% dei finanziamenti umanitari globali”.
La decisione del giudice federale e le reazioni da Londra a Budapest– A bollare la decisione di Trump come “grande errore strategico” è il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, che teme che lo smantellamento di UsAid possa favorire la Cina e consentire a Pechino di accrescere la sua influenza internazionale a scapito di Washington o dell’occidente in genere. Soddisfatte al contrario Russia, Bielorussia e l’Ungheria, visto che in questi Paesi gli Usa finanziano essenzialmente gruppi per la difesa dei diritti umani, media indipendenti e campagne per il monitoraggio delle elezioni. “Le ong – ha detto Orban – stanno promuovendo un’agenda pro-migrazione, anti-famiglia, pro-gender, e sostengono i movimenti anti-governative, i partiti di sinistra. Con il presidente Trump, è venuto il momento di rendere impossibile legalmente la loro esistenza”. E cancellare UsAid è il primo, fondamentale, passo.
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