A Savona manifestazione per Gaza, piazza Sisto gremita: “Fermiamo il genocidio, fermiamo il massacro”
- Postato il 19 settembre 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Savona. A Savona centinaia di persone sono scesa in piazza per Gaza. Il corteo dei manifestanti è partito alle 19 da piazza del Brandale per arrivare in piazza Sisto. L’iniziativa, che segue il presidio in piazza Mameli di due settimane fa, è stata organizzata dalla Cgil Savona insieme alle associazioni che compongono il Tavolo della Pace del Savonese.
“Il precipitare dei fatti drammatici di queste ore a Gaza impone uno sforzo straordinario da parte di tutte e tutti – tra le motivazioni della manifestazione -. Chiediamo di fermare subito ogni intervento militare nella Striscia, di sostenere e garantire la sicurezza della Global Sumud Flottilla e di tutte le missioni umanitarie in corso, di garantire corridoi umanitari e mettere in sicurezza la popolazione civile”, hanno sottolineato gli organizzatori. È necessario mettere in campo azioni concrete per rimuovere l’embargo umanitario e riconoscere lo stato di Palestina. I governi e le istituzioni internazionali si devono adoperare immediatamente per fermare ciò che sta accadendo, fino ad arrivare alla convocazione di una conferenza di Pace sotto egida ONU”.
Diversi gli interventi che si sono susseguiti durante la manifestazione. Durante il discorso del sindaco da Palazzo Sisto sono state esposte la bandiera della Pace e della Palestina.
In piazza Sisto è intervenuto il sindaco Marco Russo: “Ci sono momenti nei quali sembra impossibile parlare, nei quali la tragicità di quanto sta accadendo a Gaza rende difficile formare parole, che sono ‘troppo gelate per sciogliersi al sole’, nei quali nessun parola appare sufficiente a contenere l’orrore del massacro di bambini, anziani, donne e civili inermi, costretti alla fame e privi di cure, fino ad arrivare all’attuale occupazione. Ma se sembra impossibile ‘dire’, è altrettanto vero che il silenzio può apparire indifferenza, imbarazzo nel ‘dire’. Al contrario questi sono i tempi di posizioni nette, senza ambiguità o timidezze”.
“Allora sono molto importanti i segni: questa piazza gremita, consapevole e ferma, che si aggiunge alle altre manifestazioni e iniziative, come quella di quindici giorni fa, è un segno, questa fascia che indosso, è un segno, l’ordine del giorno del Consiglio Comunale, votato del giugno scorso, in cui si chiede tra l’altro al governo di riconoscere lo stato della Palestina, è un altro segno. Poi c’è un terzo segno: adesso esponiamo la bandiera della Palestina e la bandiera della pace dalla balaustra di Palazzo Sisto, una richiesta pervenuta da un gruppo di associazioni e molti cittaadini, che accogliamo con assoluto favore anche come seguito agli impegni presi con l’ordine del giorno approvato dal Consiglio Comunale”.
“Sono segni piccoli, forse simbolici – prosegue Russo –, che certamente non cambieranno le cose, ma che testimoniano una città che vive pienamente i propri valori di pace, di democrazia, di giustizia; una città che vede i tempi cupi che stiamo vivendo, non si volta dall’altra parte e tiene alta la testa: una città che sa leggere tragicamente questo momento internazionale in cui sembra dominare la cultura della guerra, del sopruso, della sopraffazione, della violenza, della morte. Una cultura antidemocratica. Un città che sa leggere tutto ciò, ma non resta indifferente, resta umana e vuole alzare la propria voce, con le parole e i segni, per tenere alta la cultura della pace, della tolleranza, della solidarietà, della giustizia e della democrazia, rendendo onore alla medaglia d’oro alla resistenza”.
Il segretario provinciale della Cgil, Andrea Pasa: “Noi oggi, da Savona, diciamo forte: fermiamo la guerra, fermiamo il genocidio, fermiamo il massacro, fermiamo la corsa al riarmo, servono corridoi umanitari, per mettere in sicurezza la popolazione civile, per sostenere e garantire tutte le missioni umanitarie che sono in corso, compreso Global Sumud Flotilla.
“Immedesimiamoci per un istante in un abitante di Gaza: non possiamo scappare: i confini sono chiusi. Non possiamo difenderci: non abbiamo armi né scudi. Non possiamo ripararci: le case vengono sbriciolate dai raid, le scuole non sono più rifugi, gli ospedali sono diventati obiettivi. Possiamo soltanto attendere, inesorabili, che la morte ci raggiunga. E allora domandiamoci: se fossimo al loro posto come ci comporteremmo? Quale forza ci resterebbe dopo circa due anni di massacri, oltre 70 mila morti: lavoratori, lavoratrici, anziani, donne e oltre 250 giornalisti e addirittura migliaia di bambini, trucidati e uccisi anche dalla fame usata dal governo israeliano come strumento di morte“.