A Savona la tradizionale fiaccolata: “Il 25 aprile ha posto fine al periodo più buio della nostra storia”

  • Postato il 24 aprile 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Fiaccolata Savona

Savona. Tantissime persone questa sera hanno riempito piazza Martiri in occasione della tradizionale fiaccolata per l’80esimo anniversario della Liberazione.

I cortei organizzati da ANPI, FIVL, ARCI e dalle SMS, sono partiti dai diversi quartieri e intorno 20 sono arrivati in piazza Martiri accompagnati dalla banda Forzano.

Alle 21 è stata deposta la corona d’alloro al Monumento della Resistenza e sono seguiti l’intervento del sindaco e l’orazione dell’onorevole Sergio Cofferati.

“Dobbiamo ripetere fino allo sfinimento – ha detto il sindaco durante il suo discorso – che il 25 aprile ha posto fine al periodo più buio della nostra storia e che non deve tornare “sotto qualsiasi forma”, come recita la Costituzione. Dobbiamo ripetere fino allo sfinimento che oggi non è più possibile avere incertezze, dubbi, tentennamenti, ritrosie ad affermare che il regime fascista, basato sulla violenza, sul razzismo, sulla negazione delle libertà, rappresenta l’esatto contrario della civiltà e di ciò che dobbiamo costruire; che chi ha combattuto per la liberazione deve essere ricordato come martire civile”.

“Dobbiamo ripetere fino allo sfinimento che l’antifascismo è unità del Paese nel segno dei valori della Costituzione, e chi nega ciò lacera la nostra identità, la nega, divide il popolo italiano. Per questo è importante che Savona, medaglia d’oro alla Resistenza, celebri con tutti gli onori il 25 aprile e le date della nostra collana della Resistenza: 27 gennaio – 1 marzo –  5 aprile – 4-5 agosto – 1 novembre – 27 dicembre, ricordando i partigiani come testimoni civili”.

Di seguito il discorso integrale del sindaco:

Sono trascorsi 80 anni dalla liberazione del Paese dal nazifascismo.

Un tempo lungo, un tempo importante. Un tempo che ci allontana dalla memoria “calda”, delle generazioni che hanno vissuto direttamente quegli avvenimenti, e ci consegna alla memoria “profonda” che diventa identità.

Ma affinchè ciò avvenga e diventi effettivamente “identità”, dobbiamo ripetere fino allo sfinimento che il 25 aprile ha posto fine al periodo più buio della nostra storia e che non deve tornare “sotto qualsiasi forma”, come recita la Costituzione.

Dobbiamo ripetere fino allo sfinimento che oggi non è più possibile avere incertezze, dubbi, tentennamenti, ritrosie ad affermare che il regime fascista, basato sulla violenza, sul razzismo, sulla negazione delle libertà, rappresenta l’esatto contrario della civiltà e di ciò che dobbiamo costruire; che chi ha combattuto per la liberazione deve essere ricordato come martire civile.

Dobbiamo ripetere fino allo sfinimento che l’antifascismo è unità del Paese nel segno dei valori della Costituzione, e chi nega ciò lacera la nostra identità, la nega, divide il popolo italiano.

Per questo è importante che Savona, medaglia d’oro alla Resistenza, celebri con tutti gli onori il 25 aprile e le date della nostra collana della Resistenza: 27 gennaio – 1 marzo –  5 aprile – 4-5 agosto – 1 novembre – 27 dicembre, ricordando i partigiani come testimoni civili.

Quindi oggi celebriamo una ricorrenza fondamentale.

Lo facciamo in modo sobrio, perchè sobrie sono sempre le celebrazioni ufficiali: la celebrazione del 25 aprile non ha alcun atto inutile, alcun gesto ridondante, alcun eccesso, nulla che non sia attinente all’importanza dell’evento.

Ma proprio per la sua importanza, lo facciamo in modo sentito, accorato, coinvolgente, collettivo, anche festoso, perchè tutto ciò è parte integrante del nostro profondo sentimento democratico e del nostro senso civico.

Quello stesso senso civico che ci ha indotti lunedì a suonare le campane della torre del Brandale per salutare Papa Francesco, un pontefice che, come primo atto, ha voluto andare a Lampedusa e come ultimo ha visitato i carcerati; una personalità che – in un decennio difficilissimo, tra crisi economiche, covid, guerre e crisi internazionali – ha saputo essere punto di riferimento per tutti, laici e religiosi, di fedi diverse, nel segno della speranza e della pace, che sono valori certamente religiosi ma anche civili e democratici.

Sono valori di cui la nostra società, la nostra città, ha grande bisogno e di cui il 25 aprile è il segno più fulgido.

La Speranza, in senso civile, significa confidare di saper superare le difficoltà; significa saper vedere la luce anche quando la notte è buia; significa essere certi che la nostra azione possa migliorare la nostra società; significa riconoscere l’importanza della relazione sociale. Speranza significa anche volere la pace anche quando questa sembra irraggiungibile.

Ebbene, il 25 aprile è una data di speranza.

Innanzitutto perchè, segna la sconfitta della dittatura nazi fascista e apre le porte alla libertà, alla repubblica e alla democrazia.

Inoltre perchè è la data della vittoria di chi ha avuto speranza anche quando sembrava non ci fosse speranza.

Solo la speranza di una forte carica ideale può aver indotto gli antifascisti ad opporsi al regime nel suo momento di maggiore forza opprimente.

Solo la speranza di una forte carica ideale può aver indotto Altiero Spielli ed Ernesto Rossi, nel 1941, nel momento più tetro, mentre erano al confino, a scrivere il Manifesto di Ventotene – che noi non rinneghiamo – e ad immaginare una Europa Unita come antidoto alla dittatura e alla guerra.

Solo la speranza di una forte carica ideale può aver indotto tanti uomini e donne a salire sulle montagne per unirsi ai partigiani, rischiando la vita e spesso perdendola.

Solo la speranza di una forte carica ideale può aver indotto Paola Garelli a scrivere alla figlia, il giorno prima di morire: “io sono tranquilla … Quando sarai grande capirai meglio”.

Infine, solo la speranza di una forte carica ideale può aver indotto nel 1945 Romano Magnaldi, studente del liceo Classico Chiabrera, a soli 17 anni, a lasciare i banchi di scuola e unirsi ai partigiani, per poi perdere la vita il 5 aprile 1945, poco prima della liberazione.

Voglio ringraziare i docenti e gli studenti del Liceo Chiabrera Martini che hanno posto una targa commemorativa nel corridoio della scuola e ogni anno ricordano questo giovane partigiano, coetaneo degli attuali studenti, che ha saputo scegliere, senza assistere passivamente agli eventi; che ha sperato in un mondo migliore e ha compiuto una scelta drammatica per contribuire a realizzarlo.

Quindi il 25 aprile ci dice che la democrazia è intrisa di speranza e deperisce quando la speranza viene meno; che la democrazia richiede fiducia nella società e deperisce quando la fiducia viene meno.

Però questo è anche un monito per il presente: tenere viva la speranza per raffozare costantemente la democrazia.

Oggi, questa è la sfida più alta, più drammatica, perchè viviamo tempi difficilissimi.

Osservando gli scenari internazionali, anche dalla nostra piccola realtà provinciale, assistiamo atterriti alla sempre più estesa negazione dei principi democratici e dei valori della Costituzione. La logica della guerra e la negazione dei diritti si affermano ogni giorno di più. Un’Europa sempre più afona e disunita stenta a fare valere i principi democratici, della pace, dei diritti, come invece sarebbe necessario anche per la nostra realtà.

Per questo vogliamo rivolgere un pensiero al futuro “25 aprile” dei tanti popoli oppressi e che combattono per la loro libertà, agendo nel nostro piccolo per l’accoglienza e la solidarietà verso chi patisce le guerre.

Ma questa crisi si manifesta anche vicino a noi, nei nostri territori. Le grandi sofferenze sociali, la solitudine che riguarda anche chi, pur avendo relazioni sociali, si sente solo di fronte alle proprie difficoltà, minano il nostro tessuto sociale, mettendo così a rischio la tenuta stessa della democrazia.

Siamo confortati dal pensare che la nostra Costituzione in questi decenni ci ha consentito di superare momenti difficilissimi di crisi democratica, ma come ci ricorda ancora Zagrebelsky, si corre sempre il rischio di “consegnarci inermi a chi sa approfittare per i suoi fini, sia essa una oligarchia più o meno nascosta o un ostentato demagogo”.

Allora, a ottant’anni dalla liberazione, ognuno di noi deve sentire ancora più forte la necessità di un impegno per la libertà, per la giustizia, per i diritti, per la democrazia, insomma per la nostra Costituzione.

Papa Francesco ha scritto che “dobbiamo impegnarci a generare processi piuttosto che dominare spazi di potere”. Ebbene, voglio dire che, pur con tutte le difficoltà e i limiti, i savonesi, onorando la Medaglia d’oro alla Resistenza, si impegnano in processi di comunità e di democrazia, con un lavoro paziente ma incessante.

Per questo voglio ringraziare le associazioni, gruppi, i singoli cittadini, che hanno contribuito e contribuiscono ogni giorno a ricercare “nuove rotte” per la nostra città.

È un importante percorso collettivo nel corso del quale si sono costruiti e si costruiscono ponti; si sono strette e si stringono relazioni; si sono discussi e si discutono progetti; ci si confronta sul nostro futuro.

Possono apparire processi fragili, perché la tensione sociale è alta, perché ogni difficoltà ha effetto disgregante, ma in realtà sono piccoli passi in avanti per la nostra comunità.

Allo stesso modo voglio ringraziare le centinaia di savonesi che si stanno impegnando per riattivare i comitati di quartiere, strumento fondamentale per ricostruire il legame tra le persone e tra queste e i luoghi della città, recuperando un senso di comunità coesa.

Un lavoro fatto di tante persone, tante storie, tante testimonianze.

Come quella di Pierangelo Badano, che abbiamo salutato ieri per l’ultima volta davanti alla sede del Doposcuola Antifascista di Villapiana.

È l’esempio di un cittadino, dentro la sua comunità, che ha arato la città, con semplicità e umiltà; che ha seminato con i suoi gesti e con il suo sguardo buono e arguto; che ha avuto speranza e ha saputo “ragionare insieme”.

Spesso sottolineo che i partigiani non erano eroi ma uomini e donne normali che hanno saputo compiere scelte eroiche e drammatiche, allo stesso modo voglio dire che la difesa della democrazia è fatta di tanti uomini e donne, come Pierangelo, che, pur nelle grandissime difficoltà del presente, sanno avere speranza e, in silenzio e con umiltà, costruiscono percorsi collettivi di pace, di inclusione, di giustizia, e così rafforzano la democrazia.

Pierangelo ci mancherà, ma la piazza gremita al suo commiato, ci dice che non siamo soli, che la speranza democratica in questa città è viva.

Allora Savona, mantieni la speranza, continua sulle tue nuove rotte, rendi vivo il 25 aprile, con i valori di libertà, giustizia, pace e diritti. Continua a lavorare per la democrazia e per la piena applicazione dei valori della Costituzione.

Viva il 25 aprile, viva la Costituzione, viva Savona medaglia d’oro alla resistenza.

Autore
Il Vostro Giornale

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