“A Roma lo stress mi stava spegnendo. Ora vivo in un borgo: sporcarmi le mani nella terra mi ha salvato”

  • Postato il 24 novembre 2024
  • Società
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Rigenerare i terreni per rigenerare i corpi. È questa l’idea di Giorgio Ferrarese, 33 anni, nato a La Spezia, cresciuto a Roma, ora residente a Rocchetta Sant’Antonio, un borgo in provincia di Foggia. Qui si occupa dell’uliveto di famiglia, abbandonato per anni dopo l’emigrazione di suo nonno materno e ora rianimato dal suo ritorno. Vuole creare un luogo dove le persone possano fare esperienza diretta della vita in campagna. Un luogo che sia aperto a tutti, “iniziando dagli ultimi, da chi è marginalizzato e soffre”. “Voglio offrire una possibilità di recupero e rigenerazione psicofisica alle persone – spiega – Lavorare con il corpo, respirare aria pulita, mangiare i frutti del proprio lavoro hanno salvato me e possono far bene a chiunque lo provi. Per questo in futuro, anche per merito dell’aiuto di enti e associazioni attive nel territorio, voglio che questo luogo sia a disposizione di chi ne ha bisogno”.

Un proposito che nasce da una necessità interiore: l’urgenza di condividere anche con gli altri la propria epifania. “A Roma ero infelice, sopravvivevo ma era una vita malsana – spiega -. I ritmi della città e lo stress perenne mi stavano spegnendo: sono fuggito”. Nella capitale Giorgio ha lavorato per anni come architetto, poi il lockdown e una crisi lavorativa e personale lo hanno spinto a tornare in una terra che, pur appartenendo alla storia della sua famiglia, non sembrava destinata a lui. “Quando sono arrivato ero completamente estraneo a questo mondo. Per i primi tempi l’ho vissuto come un eremo, un luogo in cui ritrovare me stesso”, racconta. “Poi ho preso in mano la masseria di famiglia: come architetto vorrei ristrutturare l’edificio, per ora ho rimesso in sesto il terreno e gli ulivi”. E proprio partendo dalla terra ha avviato i primi esperimenti di “raccolta sociale” di olive, insieme ad amici e conoscenti. “È stata la conferma che aspettavo: sporcarsi le mani, riscoprire il corpo, troppo spesso dimenticato nella quotidianità delle nostre vite, è fondamentale per stare bene”.

E per star bene e far star bene gli altri, è fondamentale fare rete. Per questo Giorgio, che in pochi anni ha iniziato anche a vendere il suo olio, sta collaborando con le realtà nell’area. “Non serve coraggio per tornare nei borghi e poi restarci, serve che chi come me ha già avuto modo di farlo si adoperi per offrire questa possibilità anche agli altri”. Come con il progetto Galattica, promosso dall’Associazione LiberaMente e nato con la collaborazione della regione Puglia, di cui è operatore di sportello e referente operativo. “Vogliamo coinvolgere i giovani che vivono ancora a Rocchetta, offrendo loro opportunità di crescita, nuove competenze e occasioni di aggregazione, e insieme favorire il ritorno di chi, come Giorgio, ha deciso di investire le proprie energie nella sua terra d’origine”, spiega Alessandro Gisoldi, tra i fondatori dell’associazione. “Giorgio è un esempio concreto: uno dei nostri operatori, capace di animare la comunità e di dimostrare quanto la determinazione possa trasformarsi in un’energia collettiva”.

Tornare alla natura, secondo Giorgio, significa rimettere al centro il corpo. Ma l’essere umano ha un corpo o è un corpo? Forse progetti come quello di Ferrarese servono proprio per provare a rispondere – ognuno nel suo modo, ognuno per sé stesso – a domande come questa. “Grazie alla rete creata, e a collaborazioni in divenire come quella con il poeta Franco Arminio, che gestisce la Casa della paesologia a Bisaccia e il festival “La luna e i calanchi” ad Aliano, sto lavorando alla creazione anche di eventi e festival culturali”, spiega Giorgio. “Nella regione sono tanti i progetti virtuosi a livello culturale, ma sento che nel mio borgo c’è un vuoto da riempire, vedo che c’è terreno fertile anche da questo punto di vista”. La prima iniziativa la vorrebbe realizzare entro l’estate del 2025: “Organizzerò un mini festival con attività culturali e di intrattenimento, e con musica diffusa nel bosco”. Perché nella socialità, nella riscoperta dei borghi, nel recupero letterale e metaforico delle radici, si rigenerino insieme terra, corpo e mente.

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Il Fatto Quotidiano

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