A chi è in mano il rilascio del porto d’armi in Italia? Il caos dell’Unione Tiro a segno: tra commissari, riforme mancate ed elezioni saltate
- Postato il 6 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Un’istituzione con una natura giuridica ibrida (metà ente pubblico, metà federazione sportiva) e una funzione così delicata (l’addestramento e il rilascio delle certificazioni per l’utilizzo delle armi), che proprio non trova pace. L’Unione Italiana Tiro a segno è di nuovo nel caos: commissariata da mesi, il reggente aveva annullato le elezioni in attesa di una riforma strutturale, ma una sentenza del Tar ha appena stabilito che la decisione è illegittima e bisogna tornare al voto.
La storia recente dell’UITS è piuttosto travagliata, come dimostra il fatto che ha avuto – per ragioni differenti – tre commissari diversi negli ultimi sette anni: Francesco Soro (oggi potente direttore generale dell’Economia al Ministero di Giorgetti), il colonnello Igino Rugiero e quello attuale, Walter De Giusti, che è anche segretario generale. Poi ci sono gli scandali e i casi di cronaca che hanno accompagnato negli anni le sezioni di tiro affiliate all’ente: l’ultimo, il più clamoroso, nel 2022, il tragico pluriomicidio di Fidene, con un’arma trafugata dal poligono di Tor di Quinto. Tanto per dare il segno del ruolo cruciale che svolge ma anche delle difficoltà.
La scelta della nuova governance, che dovrebbe riformare l’ente e traghettarlo verso una nuova fase, è una telenevola che è andata avanti per mesi a cavallo tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025: sembrava conclusa e invece adesso viene riaperta dai giudici. L’ex presidente, l’avvocato Costantino Vespasiano, facendo leva sul ritardo da parte del Ministero nell’approvazione dello statuto, aveva tergiversato a lungo nella convocazione delle elezioni. I maligni dicono per paura di non essere rieletto: alle urne ci sarebbero stati tre candidati (Vespasiano, appunto, l’ex commissario Rugiero e la campionessa Valentina Turisini, unica donna ct della nazionale maschile), e in un voto così incerto poteva succedere di tutto. Oltretutto, Vespasiano, che come già raccontato dal Fatto aveva cercato in passato un modo per ricevere lo stipendio, negatogli in quanto pensionato dalla Legge Madia, per effetto della stessa legge rischiava di essere candidabile ma non nominabile una seconda volta. Con l’appoggio di Malagò, puntava a fare il commissario. Così, quando il Ministero aveva dato il via libera in extremis e le elezioni erano state convocate nei termini di legge, l’ente era stato comunque commissariato perché i precedenti organi erano scaduti e non più prorogabili. Solo che per guidarlo non era stato scelto l’ex presidente Vespasiano, ma il segretario generale De Giusti, che poi aveva deciso di annullare le elezioni, mai più riconvocate. Quella scelta ora viene bocciata dal Tar.
L’UITS ha dei problemi evidenti. È ente pubblico ma anche Federazione Sportiva: questa doppia natura fa sì che un buon 25% delle sezioni affiliate non svolga attività agonistica, non ha alcun tesserato, eppure goda dei benefici fiscali delle associazioni sportive, e partecipi all’elezione del presidente che è di fatto un funzionario pubblico. Poi l’operato di quest’ultimo ricade sui ministri, responsabili per un ente che però è diretto da qualcuno che loro non possono nominare. D’altra parte il presidente deve pensare pure a mandare gli atleti alle Olimpiadi (dove da Campriani in giù ci siamo tolti tante soddisfazioni). Sono tutte contraddizioni che prima o poi dovrebbero essere risolte, così come quella dell’esclusività di formazione, addestramento e rilascio del porto d’armi, che probabilmente andrà tolta all’UITS e rimessa ad un nuovo organismo, sotto il diretto controllo di Interni e Difesa.
Magari sarebbe stato meglio tornare al voto solo una volta sciolti questi nodi. Per farlo, però, serve una riforma strutturale, che passa dalla modifica dello statuto ma anche delle leggi statali, e potrebbe richiedere mesi, se non anni. Il commissario non è stato nominato per questo, non può rimanere in carica in attesa di una riforma che non si sa se, quando e come si farà, senza un pezzo che lo autorizzi. Per questo, secondo i giudici, l’atto di revoca dell’assemblea “oltre che adottato in violazione di legge, risulta affetto anche da eccesso di potere”. Non c’è un motivo reale che impedisca di votare, e la scelta del commissario è presa “in contrasto con le finalità del mandato attribuito (il cui incarico era temporalmente circoscritto) nonché per perseguire un obiettivo non realizzabile, poiché la dedotta incompatibilità tra le norme statati e l’ordinamento sportivo richiederebbe una modifica delle prime”. Risultato: salvo ricorsi e ulteriori ribaltoni, l’Unione Tiro a segno tornerà alle urne, probabilmente a inizio 2026 (prima bisogna almeno approvare i bilanci che negli ultimi mesi erano stati messi in sospeso per l’assenza dei revisori). Avrà presto un nuovo presidente, i vecchi problemi resteranno.
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