A 80 anni dalle atomiche su Hiroshima e Nagasaki, gli appelli e le testimonianze per un mondo di pace ignorati dallo stesso governo giapponese
- Postato il 8 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Agosto 2025, ottant’anni dalle bombe atomiche sganciate su due, delle tre città giapponesi ipotizzate dalle Forze Aeree Strategiche U.S.: Hiroshima, Kokura, e Nagasaki. Il 6 agosto 1945 toccò a Hiroshima, tre giorni dopo Kokura era coperta dalle nubi così puntarono su Nagasaki. Un trauma profondo e un orrore indicibile, con effetti che si avvertono ancora oggi in un DNA nipponico intriso di pacifismo, pian piano diluito da decenni di consumismo sfrenato e memoria dilapidata.
La maggioranza della popolazione, particolarmente quella che vive nelle due città simbolo, uniche vittime (per il momento) di una bomba all’idrogeno e una al plutonio, sostengono il disarmo nucleare del pianeta, nonostante un governo che da anni tenta di rinnegare le promesse fatte alla fine del secondo conflitto mondiale. Aveva giurato pace e disarmo perfino l’imperatore Showa (nome del regno di Hirohito, dal 1926 al 1989), che si era piegato alla sconfitta. Eppure il pericolo di bombardamenti atomici non è mai stato così attuale. Siamo giunti allo sganciamento di ordigni qui e là, dall’Ucraina all’Iran, nell’indifferenza generale piegata ai voleri della democrazia più grande e feroce del mondo. E nonostante la costituzione giapponese all’articolo 9, rinunci alla guerra e proibisca il mantenimento di un esercito, gli ultimi leader hanno cercato e ottenuto in parte, scappatoie per riarmarsi e poter guerreggiare.
Nel 2009 Issey Miyake, uno degli stilisti più geniali di sempre e nato a Hiroshima nel 1938, in un raro momento di condivisione personale aveva detto: “Quando chiudo gli occhi, vedo ancora qualcosa di cui nessuno dovrebbe fare esperienza: una luce rossa accecante, seguita subito dopo da una nuvola nera, e tante persone che corrono in tutte le direzioni cercando disperatamente di fuggire. Mi ricordo tutto. Anche che nel giro di tre anni, mia mamma è morta a causa dell’esposizione alle radiazioni di quella bomba”. E non è il solo, che siano scrittori e scrittrici, da Ōta Yuko, Oe Kenzaburo, Abe Kobo, fino al più giovane Furukawa Hideo, una larga schiera di giapponesi è toccata dall’esperienza, esiste perfino un termine apposito “Nihon no Genbaku Bungaku” la “letteratura giapponese della bomba”.
Così per musicisti tra cui Sakamoto Ryuichi, fino a registi di cinema e animazione come Miyazaki Hayao, sono centinaia tra intellettuali e generalmente persone, ad avere espresso l’assurdità di un mondo minacciato dalle bombe, proprio perché loro sono gli unici, le uniche a sapere davvero cosa questo voglia dire. Di Hiroshima e Nagasaki si ragiona troppo poco, se ne scrive solo in agosto, quando si va al mare o in montagna e i media per lo più si adeguano all’estate. Eppure quelle due città sono esempi importanti, straordinariamente rappresentative di un’umanità che non vuole più distruzione. Nel romanzo “Mia amata Yuriko” della scrittrice Antonietta Pastore, uno dei personaggi, il signor Takao che viveva a Etajima (piccola isola nella baia di Hiroshima) all’epoca dei fatti, racconta: “Non erano necessarie, quelle due bombe, per porre fine alla guerra. Noi praticamente l’avevamo già persa. Il paese era allo stremo, la nostra difesa contraerea era del tutto inefficace, non avevamo più né carburante, né cibo, né nulla…La gente moriva di fame. Infatti già in primavera avevamo fatto proposte di resa. Eravamo pronti ad arrenderci. Ma gli americani hanno rifiutato”.
Perché e per come non si capisce ancora oggi, tra chi sostiene non ci fossero alternative per porre fine alla guerra, a chi ne deduce un pianificato crimine contro l’umanità. Fatto sta che il Giappone è stato bombardato e la ferita si è rimarginata, ma non del tutto. È impossibile. Non basta recarsi a Hiroshima al Museo della Pace, o a quello della Bomba Atomica a Nagasaki, sentire sulla pelle la vergogna e lo sgomento, scrivere belle cronache e sensazioni: troppo facile, dura un attimo, qualche ora. Sono i centenari e le centenarie sopravvissute, a portare nel mondo ricordi e verità, compresi i loro discendenti giovani che si spera avranno la sensibilità adeguata per continuare nel compito, quando i loro bisnonni e bisnonne non ci saranno più. L’associazione Nihon Hidankyo che li rappresenta, ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace lo scorso anno, ma hanno un peso effettivo le loro testimonianze, come influiscono sulle azioni di chi governa il pianeta?
Sulla collina della bella Nagasaki di Chōchō-san (Madama Butterfly) musicata da Puccini, che cosa si scorge oggi al posto delle chiese cristiane che sorgevano nel distretto di Urakami, quelle comunità che si ritrovavano a fianco dei templi buddisti, e dei santuari shintō. E cosa si vedrà ancora un vicinissimo bel dì, se non si smette di fare guerra nel mondo? Gli anniversari dovrebbero servire a migliorare e correggere gli errori, non a perpetuarli. Intanto il numero delle vittime a causa dalle bombe “Little Boy” e “Fat Man”, morte all’istante, dopo alcuni o molti anni, continua crescere. Ogni agosto le due città aggiornano i dati, e in questo 2025 si è arrivati a 349,246 a Hiroshima e 198,785 a Nagasaki.
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