3 gennaio 1925: Mussolini sotterra la democrazia

  • Postato il 3 gennaio 2025
  • Di Focus.it
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L'analisi delle parole del duce in aula che, sette mesi dopo l'omicidio Matteotti, annunciavano la dittatura nell'articolo il "Discorso di Mussolini (3 gennaio 1925)" di Matteo Liberti tratto dagli archivi di Focus Storia.. Quando iniziò la dittatura fascista? Nel pomeriggio di sabato 3 gennaio 1925, quando Benito Mussolini, capo del governo, pronunciò uno storico discorso alla Camera dei deputati facendo intendere come, da quel momento, sarebbe stato impossibile per chiunque agire politicamente contro di lui. Tutto ciò sulla scia della morte del deputato socialista Matteotti, ucciso dopo che in quella stessa aula, mesi prima, aveva denunciato i brogli e le violenze dei fascisti durante le elezioni.. CHIARIFICAZIONE. "Il discorso che sto per pronunziare dinanzi a voi forse non potrà essere a rigore di termini classificato come un discorso parlamentare. [...] Si sappia ad ogni modo che io non cerco questo voto politico. Non lo desidero: ne ho avuti troppi". Con queste premesse Mussolini avviò il suo intervento. Poi lanciò una provocazione. "L'articolo 47 dello Statuto dice: 'La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di tradurli dinanzi all'Alta corte di giustizia', domando formalmente se in questa Camera, o fuori di questa Camera, c'è qualcuno che si voglia valere dell'articolo 47". Il Parlamento allora viveva un periodo di forte tensione dovuta al delitto di Matteotti, che fu seguito da accuse al governo e al duce considerati i mandanti, e alla secessione dell'Aventino, avvenuta il 27 giugno 1924, quando in seguito a quel crimine, le opposizioni si separarono dal resto dell'assemblea in segno di protesta. Fu proprio per punzecchiare i secessionisti che il duce citò l'articolo 47 dello Statuto Albertino (carta fondamentale del Regno d'Italia), sapendo che nessuno avrebbe osato sfidarlo e alludendo al contempo alla debolezza del sistema parlamentare. Dopodiché aggiunse risoluto: "Il mio discorso sarà quindi chiarissimo, e tale da determinare una chiarificazione assoluta".. CEKA FASCISTA. Con sarcasmo, passò a parlare poi delle violenze che i suoi avversari dicevano di aver patito per mano di una squadra di picchiatori, che gli stessi oppositori definivano "Ceka fascista". "Si è detto che io avrei fondato una Ceka. Dove? Quando? Nessuno potrebbe dirlo. [...] C'è stata una Ceka in Russia, che ha esercitato il terrore sistematicamente su tutte le classi borghesi e sui membri singoli della borghesia [...]. Ma la Ceka italiana non è mai esistita".Poi volle essere più preciso: "Se io avessi fondato una Ceka, l'avrei fondata seguendo i criteri che ho sempre posto a presidio di quella violenza che non può essere espulsa dalla Storia. Ho sempre detto [...] che per essere risolutiva la violenza deve essere chirurgica, intelligente e cavalleresca". Da una parte allontanava i sospetti da sé sulle brutalità e dall'altra minacciava di saper usare, volendo, la violenza. "Le gesta di questa sedicente Ceka sono state sempre inintelligenti, incomposte e stupide". Poi proseguì: "Ma potete proprio pensare che io potessi ordinare nel giorno successivo a quello del Santo Natale [...] un'aggressione alle dieci del mattino [...] dopo il discorso più pacificatore che io abbia pronunziato durante il mio governo? Risparmiatemi signori di pensarmi così cretino", chiese retoricamente, riferendosi alla bastonatura da parte dei fascisti del deputato di opposizione Giovanni Amendola, il 26 dicembre 1923.. DELITTO MATTEOTTI. Mussolini disse poi di aver sempre rispettato le opposizioni e passò a parlare di Matteotti, ma senza mai pronunciarne il nome. Sminuì le accuse rivoltegli dopo le elezioni e incolpò, con maestria dialettica, entrambe le parti per il clima di tensione in aula di quelle settimane. "Era un incrociarsi di discorsi violenti da una parte e dall'altra".Seguì una formale apertura verso tutti: "Io dico alle opposizioni: riconosco il vostro diritto ideale ed anche il vostro diritto contingente". Ultimato l'autoritratto di "buon politico", smentì di essere il mandante del delitto (sottinteso l'omicidio Matteotti) avvenuto dopo che alla Camera, a suo dire, era tornato il sereno, in seguito a un suo discorso del 7 giugno 1924 (3 giorni prima dell'omicidio). "Come potevo, dopo un successo [...] così clamoroso che tutta la Camera ha ammesso, [...] come potevo pensare, senza essere colpito da morbosa follia, di far commettere non dico un delitto ma nemmeno il più tenue, il più ridicolo sfregio a quell'avversario che io stimavo perché aveva una certa 'crânerie', un certo coraggio, che rassomigliavano al mio coraggio e alla mia ostinatezza nel sostenere le tesi?". Escluse insomma l'ipotesi senza negarla. Accusò i rivali di debolezza e incapacità di comando, mentre a lui "non è l'energia che fa difetto".. PENA DI MORTE. Il duce annunciò inoltre il ritorno della pena capitale, abolita in Italia nel 1889: "Prima di tutto la pena di morte bisognerà introdurla nel Codice penale", cosa che farà nel 1926. In seguito se la prese con gli aventiniani e la stampa: "Volevo stabilire la normalità della vita politica. Ma come si è risposto a questo mio principio? Prima di tutto con la secessione dell'Aventino, secessione anticostituzionale e nettamente rivoluzionaria. Poi con una campagna giornalistica [...] immonda e miserabile che ci ha disonorato per tre mesi".. RESPONSABILITÀ. A questo punto l'ennesima provocazione: se doveva esserci un responsabile, allora era lui. "Ebbene, io dichiaro [...] che assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! [...] Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello [...], se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima [...], a me la responsabilità [...], perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato". E specificò di aver agito sempre nell'interesse della nazione.. LA SVOLTA. "Ed allora viene il momento in cui si dice: basta! Quando due elementi sono in lotta e sono irreducibili, la soluzione è nella forza. Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non ci sarà mai". Infine, l'affondo: "Il problema sarà risolto [...]. L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Voi state certi che nelle 48 ore successive al mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l'area". E infatti nelle ore successive la libertà di stampa fu limitata e vennero chiusi tutti i circoli dei partiti d'opposizione. La dittatura era servita, nonostante l'allarme lanciato da Matteotti..
Autore
Focus.it

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