«28 anni dopo», lo strepitoso ritorno di Danny Boyle

  • Postato il 18 giugno 2025
  • Di Panorama
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Dopo alcuni mesi di uscite senza notevoli picchi, finalmente eccolo il film che dà uno scossone all’elettrocardiogramma del cinefilo! 28 anni dopo di Danny Boyle è un regalo da gustare tutto d’un fiato. Film di zombie, sì, ma soprattutto cinema di qualità che va oltre i generi. Di potenza visiva e narrativa totalizzante, è a cavallo di una colonna sonora torreggiante che afferra ogni brandello di cuore e sensi, portandoci dentro.

Dal 18 giugno al cinema distribuito da Eagle Pictures, 28 anni dopo è un altro entusiasta «wow!», dopo che a inizio anno fu Emilia Pérez a entusiasmarci.

Molto più di un sequel

Lo sceneggiatore Alex Garland (anche regista dell’interessante sci-fi Ex machina) e il regista Danny Boyle, che raramente sbaglia un colpo, tornano nel mondo creato in 28 giorni dopo, horror del 2002 con Cillian Murphy.

Il nuovo film ci immerge – in un senso quasi fisico – in un Regno Unito devastato dal virus della rabbia. Ma non preoccupatevi: 28 anni dopo vive straordinariamente come opera a sé stante, non ha riferimenti o fiacchezze da sequel. Non occorre aver visto il predecessore per godere totalmente di un’esperienza cinematografica viscerale e strepitosa.  

I due britannici ordiscono una sceneggiatura ricca di suspense, che inanella sequenze poderose, di azione e di orrore, ma con stille di luce: distese di natura a perdita d’occhio, momenti di commovente intimità, rara e crepitante comicità. Dall’inizio alla fine, tutto è impetuosamente coinvolgente.

Boyle, già autore del cult Trainspotting, della commedia nera Piccoli omicidi tra amici, del dramma da otto Oscar The Millionaire, torna sei anni dopo il suo ultimo film Yesterday (2019), poco incisivo. È bello constatare che il suo talento e la sua creatività immaginifica sono ancora rigogliosi.  

«28 anni dopo», lo strepitoso ritorno di Danny Boyle
Credits: Sony Pictures

I mondi immaginari di Boyle e Garland

In 28 anni dopo il Regno Unito è preda della rabbia, che ha trasformato gli infetti in una sorta di famelici zombie. I sopravvissuti si sono raccolti a Lindisfarne (o Holy Island, in inglese), piccola isola sulla costa nord-orientale dell’Inghilterra, location reale e ambita attrazione turistica.

Qui una piccola comunità si è rifugiata per tenere fuori l’infezione. Garland e Boyle hanno immaginato un nuovo mondo ricostruito dopo un’apocalisse. La loro è una visione leggermente regressiva e tribale, costruita attorno all’ordine e a regole ferree per far sì che il virus resti al di fuori.

Non ci sono tecnologie nell’isola, non ci sono fucili ma frecce, i frutti della terra sono il principale sostentamento: mele a volontà! In mezzo a terrore e corpi dilaniati, sarà davvero divertente quando il piccolo protagonista Spike (interpretato dall’esordiente Alfie Williams) si imbatterà con sorpresa nel suo primo cellulare (che, senza carica, «tra poco sarà un mattone»).

Holy Island è collegata alla terraferma, grondante di pericoli ma anche di meraviglie, da una strada rialzata, percorribile solo con la bassa marea.

«28 anni dopo», lo strepitoso ritorno di Danny Boyle
Credits: Sony Pictures

La  narrazione si concentra su una famiglia della piccola comunità isolana. Jamie (Aaron Taylor Johnson), il padre di Spike, ha fretta che suo figlio cresca e sia pronto ad affrontare gli infetti e la sua prima uccisione. Isla (Jodie Comer), la madre di Spike, è a letto malata, vinta da una strana confusione mentale.
Nel cast anche Ralph Fiennes su cui, per avversione allo spoiler, non aggiungiamo altro.

L’immaginario di Garland e Boyle è in ogni istante originale ed efficace, anche nell’evoluzione degli infetti. Ci sono i «lenti-bassi», grassi, striscianti e umidicci. Ci sono i «veloci», tra cui spiccano gli «alfa», più statuari e intelligenti. Uno degli alfa è il mastodontico Samson: per rendere il suo attore Chi Lewis-Parry, alto 2 metri, ancora più minaccioso fisicamente, la supervisora al makeup Flora Moody e il supervisore agli effetti speciali del makeup John Nolan gli hanno disegnato un addome di cicatrici e hanno aggiunto muscoli lungo la schiena, aumentando le proporzioni del 40%.

28 anni dopo è un horror d’autore impressionante in ogni dettaglio, in cui l’orrore si mescola anche alla geopolitica. Il Regno Unito è messo in quarantena dal resto del mondo: ovvero, è abbandonato a se stesso. Intanto, al di fuori, tutti continuano la loro esistenza normalmente, indenni. È come nel «mondo reale. C’è una sorta di dimensione spietata e pragmatica, nel modo in cui le cose accadono quando una nazione crolla», ha osservato Garland. «In generale, le persone non colpite dal crollo lo ignorano e continuano a vivere la loro vita».

«28 anni dopo», lo strepitoso ritorno di Danny Boyle
Credits: Sony Pictures

L’uso dell’iPhone e le tecniche innovative

Le tecniche di ripresa conferiscono a 28 anni dopo un’atmosfera epica e immersiva. Boyle ha utilizzato diversi metodi per farci sentire parte del film, dentro le scene. Ha fissato videocamere sugli attori, ha adottato sensori speciali, ha voluto strutture che ospitassero più telecamere insieme, ha usato droni e un’ampia varietà di macchine da presa e obiettivi. Questa varietà includeva anche degli iPhone, arrivando a usarne fino a 20 contemporaneamente.

Ha avuto a disposizione tre rig speciali per le sequenze con gli iPhone: uno per otto smartphone, facile da trasportare da una singola persona, uno per 10 pezzi e un altro da 20.
A metà film, c’è una sequenza memorabile di inseguimento che ricrea una sorta di bullet time tramite 20 iPhone disposti in fila.

Il direttore della fotografia Dod Mantle ha parlato di «incorporare il pubblico attraverso l’obiettivo, io e Danny lo adoriamo». «Voglio che il pubblico si senta come se fosse in groppa ai lenti-bassi».

Boyle, inoltre, ha optato poi per un formato widescreen 2.76:1, solitamente usato per film epici in Imax o Ultra Panavision 70mm, come The hateful eight di Quentin Tarantino, Oppenheimer di Christopher Nolan e il recente I peccatori di Ryan Coogler. Una scelta efficace che accresce ulteriormente la sensazione di immersione.

Il produttore Andrew Macdonald ha detto: «Volevamo realizzare un film dalla portata epica unica». Obiettivo centrato.

Autore
Panorama

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