20 novembre 1945: inizia il processo di Norimberga
Postato il 20 novembre 2025
Di Focus.it
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Quando il 20 novembre 1945 si aprì il processo contro i leader del Terzo Reich, il mondo trattenne il respiro. A Norimberga, nel cuore di una Germania in macerie, 21 tra i più alti gerarchi nazisti (inizialmente gli imputati erano 24, ma Ley si suicidò prima dell'inizio, Krupp non fu giudicato perché malato e Bormann fu processato in contumacia) si sedettero sul banco degli imputati con l'accusa di aver scatenato la guerra, compiuto stermini di massa e violato ogni principio di umanità.
Ma dietro le quinte di quel processo si mosse una fitta trama diplomatica, politica e giuridica, che rese il lavoro del Tribunale militare internazionale un'impresa unica nella Storia, seppure segnata da scelte non sempre trasparenti.. ESEMPLARE. Alla fine della Seconda guerra mondiale, il dilemma era come punire in modo credibile i responsabili delle atrocità naziste senza scadere nella vendetta e come assicurare giustizia senza trasformarla in rappresaglia. Il dibattito tra le potenze vincitrici era acceso. Winston Churchill era favorevole a un'esecuzione sommaria dei capi nazisti, per evitare lunghi dibattimenti. L'Unione Sovietica, invece, voleva un processo che servisse anche a legittimare la propria leadership nel Dopoguerra e a condannare le atrocità commesse in territorio sovietico.
«I processi furono un intreccio di giurisprudenza e di politica», sostiene lo storico Michele Battini che sull'argomento ha scritto Peccati di memoria (Laterza). «E, in quanto aspetti decisivi della politica di occupazione degli Alleati nei territori dei regimi dell'Asse, anche forme di rappresentazione della virtù morale dei vincitori, nonché di condanna senza appello dei vinti».. PROCESSO PUBBLICO. A prevalere fu la strategia statunitense, sostenuta dal giudice della Corte suprema Robert H. Jackson: i crimini del nazismo dovevano essere giudicati in un processo pubblico, ben documentato e con tutte le garanzie giuridiche. Tra i protagonisti iniziarono però trattative riservate: alcuni imputati tentarono di negoziare riduzioni di pena in cambio di collaborazione, e tra gli Alleati c'era chi voleva evitare di dover giustificare atti controversi compiuti dai loro eserciti. Non si procedette, per esempio, per crimini come il bombardamento alleato di Dresda o l'uso della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki.. Nell'aula del Tribunale di Norimberga, di fronte ai gerarchi del Terzo Reich, sedevano alcuni uomini con un compito inedito: giudicare i crimini più efferati mai commessi, dando forma a una giustizia che non esisteva ancora. Erano i giudici del Tribunale militare internazionale. Nessuna giuria popolare, nessun precedente legale: solo 4 nazioni vincitrici e 8 uomini chiamati a dare un verdetto al male.
La corte era composta da un titolare e un supplente per ciascuna delle potenze Alleate: Stati Uniti, Regno Unito, Unione Sovietica e Francia. Ciascuno portava con sé una cultura giuridica, un sistema di valori e una propria idea della giustizia. Per gli Stati Uniti, il giudice principale fu Francis Biddle, ex procuratore generale, figura equilibrata e riflessiva. A coadiuvarlo, John Parker, più incline a giudizi severi. I britannici erano rappresentati da Geoffrey Lawrence, nominato presidente del Tribunale, un uomo dalla grande compostezza, che per tutto il processo tentò di tenere unite le delegazioni. I francesi nominarono Henri Donnedieu de Vabres, professore di diritto penale, il più garantista di tutti. I sovietici scelsero Iona Nikitchenko, giudice militare dei processi staliniani degli Anni '30 e per il quale invece "l'imputato è colpevole fino a prova contraria". Vi erano poi i pubblici ministeri di ciascun Paese alleato che rappresentavano l'accusa.
Divergenze. Tra i giudici ci furono accese discussioni sull'impianto accusatorio e sulle condanne. Del resto il compito non era semplice: dovevano giudicare crimini, come il genocidio, che giuridicamente non esistevano ancora. Ma, come racconta uno dei verbali, "tutti erano consapevoli che non stavano solo applicando la legge ma la stavano scrivendo" e alla fine trovarono un equilibrio.. DIBATTIMENTO. Il Tribunale fu istituito con la Carta di Londra dell'agosto 1945, firmata da Stati Uniti, Regno Unito, Unione Sovietica e Francia. Le udienze cominciarono a novembre. La scelta di Norimberga fu simbolica: la città era stata il cuore ideologico del nazismo e proprio lì furono promulgate le leggi razziali nel 1935. I tribunali locali, inoltre, erano ancora in parte funzionanti e disponibili per ospitare l'imponente macchina giudiziaria. Tra gli accusatori, la figura più autorevole fu proprio quella di Jackson, capo dell'accusa americana, che presentò in aula un'enorme quantità di documenti: ordini scritti, verbali di riunioni, filmati dei campi di sterminio.. Traditi dalla burocrazia. La prova più importante non fu la testimonianza dei superstiti, ma la burocrazia del Terzo Reich, che aveva meticolosamente registrato ogni fase del genocidio (termine coniato nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin). Molti nazisti cercarono di sfuggire alla resa dei conti. Adolf Hitler, si era suicidato nel bunker di Berlino nel maggio 1945, poco prima della resa tedesca, e così avevano fatto anche Heinrich Himmler e Joseph Goebbels. Hermann Göring tentò di salvarsi con cavilli legali e sotterfugi, ma a Norimberga fu condannato all'impiccagione e morì suicida – con una capsula di cianuro – la notte prima dell'esecuzione. Alcuni sostennero la loro innocenza e altri, come Rudolf Hess, si dichiararono pazzi per evitare di essere giudicati responsabili.. Capi di accusa. «La lista dei capi di imputazione comprendeva trentatré tipi di crimini, tra cui il massacro sistematico, l'eccidio di ostaggi, la tortura, la deportazione, la condanna alla fame, l'internamento, il lavoro forzato, il saccheggio, la confisca delle proprietà, le requisizioni illegittime, la distruzione di edifici religiosi e gli arresti indiscriminati di massa», prosegue Battini.. CONDANNE. Il processo, durato 11 mesi (novembre 1945-ottobre 1946), fu seguito dai giornali di tutto il mondo. Furono ascoltati oltre 200 testimoni ed esaminati più di 200mila documenti, insieme a foto e filmati dei lager, tra i quali spicca il documentario Nazi Concentration Camps di George Stevens e John Ford, proiettato in aula il 29 novembre 1945. L'ossessione burocratica dei nazisti li tradì: furono proprio le loro carte a inchiodarli, i filmati inoltre divennero, per la prima volta, prove decisive.. Il processo di Tokyo. Le potenze alleate istituirono un apposito tribunale per giudicare anche l'altra forza dell'Asse: il Giappone. Il processo di Tokyo ebbe inizio il 3 maggio 1946 e si concluse il 12 novembre 1948, dopo aver giudicato 25 tra alti ufficiali militari, ministri e diplomatici dell'impero del Sol Levante. Gli imputati erano accusati di crimini contro la pace, crimini di guerra e contro l'umanità, come il massacro di Nanchino del 1938 e l'uso sistematico di prigionieri di guerra per esperimenti medici e lavori forzati.Salvacondotti. La sentenza fu: 7 imputati condannati a morte per impiccagione, tra cui l'ex Primo ministro Hideki Tōjō e alcuni generali dell'esercito imperiale. Altri ricevettero pene detentive, alcune a vita. Il processo lasciò tuttavia aperti diversiinterrogativi, tra cui l'esclusione da tutte le accuse dell'imperatore Hirohito. Una scelta fortemente voluta e sostenuta dagli Stati Uniti per favorire la stabilizzazione del Giappone nel Dopoguerra.. IN MEMORIA. Il Palazzo di Giustizia di Norimberga ospita oggi un museo dedicato al processo più famoso del XX secolo, nel quale il diritto si oppose alla barbarie. Nell'esposizione un percorso immersivo racconta con rigore il contesto, lo svolgimento e le sue conseguenze. Si parte dai fatti: la guerra, la Shoah, la caduta del Terzo Reich. Poi si passa alla nascita del tribunale, alle tensioni tra le quattro potenze vincitrici, agli interrogativi su come costruire un processo giusto contro i capi di un regime criminale.Le prime sale sono dedicate alla documentazione: citazioni dagli atti, lettere tra gli Alleati e la celebre Carta di Londra. La freddezza dei verbali si scontra con la potenza dei filmati proiettati durante il processo: i campi di concentramento, i volti e le testimonianze dei sopravvissuti. Una sezione del museo è dedicata anche ai protagonisti: i giudici, gli avvocati, i pubblici ministeri. Infine una riflessione sul dopo: qui il museo diventa spazio di dibattito, con sezioni dedicate ai più moderni tribunali internazionali.. Aula 600. Nel museo a dominare è la famosa Aula 600, dove le immagini dei forni furono mostrate al mondo per la prima volta e dove la frase "stavo solo eseguendo gli ordini", pronunciata da alcuni imputati, fu svuotata di ogni valore giuridico.
Secondo Danilo Zolo (1936-2018), giurista tra i maggiori esperti di diritto internazionale, "Norimberga segnò non solo la condanna di un regime criminale ma anche l'affermazione di un principio fondamentale: l'umanità, come comunità di valori, può e deve imporre limiti alle azioni dei singoli Stati e dei loro rappresentanti".
Riccardo Michelucci.